Il Coronavirus sta costringendo le autorità ad ammettere che molte delle loro normative non sono necessarie

Articolo tratto e tradotto da Reason.com (di Nick Gillespie)

Da “Non ci sono libertari durante una pandemia” a “ci sono solo libertari durante una pandemia”: dalle regole più ‘rilassate’ dell’Authority del Trasporti alle rapide approvazioni dell’Authority dei Farmaci, il Coronavirus sta costringendo le istituzioni ad ammettere che molte delle loro normative non sono necessarie.

Amico, sembrano passati solo pochi giorni da quando i benpensanti stavano criticando (di nuovo!) i sostenitori dello Stato minimo in articoli con titoli così accaniti come “Non ci sono libertari durante una pandemia”.

Ormai potrebbe essere più corretto credere che ci siano solo libertari durante una pandemia, compresi i funzionari pubblici che, improvvisamente, sono disposti ed in grado di rinunciare ad ogni sorta di regola e di procedura, apparentemente così importanti, in nome dell’aiuto del prossimo.

In che altro modo si spiegherebbe altrimenti la decisione della molto detestata ed irrilevante Transportation Security Administration (TSA) di consentire di portare a bordo degli aerei dei dispenser formato famiglia di disinfettante per le mani? La TSA non sta certo sposando le idee di Milton Friedman, però ricorda agli utenti del suo sito Web “che tutti gli altri liquidi, gel e aerosol portati ad un checkpoint continuano ad essere ammessi nel limite di 3,4 once o di 100 millilitri trasportati in un sacchetto da un litro”. Ma è un inizio.

Qualcosa di simile sta succedendo in Massachusetts, uno Stato ben noto per gli alti livelli di regolamentazione, incluso il settore medico. Aspettandosi un picco nelle esigenze di assistenza medica dovute al Coronavirus, il Governatore Charlie Baker “ha visto la luce” ed ha accettato di semplificare l’iter di riconoscimento da parte del Bay State degli “infermieri ed altri professionisti medici” che sono registrati in altre parti degli Stati Uniti, qualcosa che altri 34 Stati già fanno su base regolare.

Come ha osservato Walter Olson del Cato Institute,

“Questa è stata una buona idea, che dovrebbe aiutare a portare i professionisti medici laddove sono maggiormente necessari, ed è una delle tante buone idee che dovrebbero essere mantenute anche dopo il passaggio dell’emergenza pandemica. Non così come, dopo l’Uragano Sandy del 2012, al contrario, quando i proprietari di case sull’oceano, devastate dalla tempesta, avevano urgente bisogno di manodopera qualificata per riportare i loro locali in condizioni utilizzabili, le leggi locali, in posti come Long Island, vietarono loro di assumere elettricisti qualificati anche da altre contee di New York, così come da altri Stati.”

E così pure alla Food and Drug Administration (FDA), dove i burocrati hanno deciso improvvisamente di approvare durante la notte un test per il Coronavirus che il suo ex-capo, Scott Gottlieb, aveva descritto come “una tecnologia abbastanza ordinaria”.

Il test della Roche è 10 volte più veloce del processo attualmente in uso, ma la FDA non lo ha approvato fino a venerdì scorso (13 marzo n.d.r.), e quindi, lo ha fatto solo per questa particolare emergenza. Ma anche con quel ritardo e con quell’applicazione limitata, questo è un cambiamento positivo.

Come ha osservato Ronald Bailey di Reason.com, la FDA ed i Centers for Disease Control and Prevention “hanno ostacolato lo sviluppo privato ed accademico dei test diagnostici che avrebbero potuto fornire un campanello d’allarme tempestivo ed un vantaggio sul controllo dell’epidemia che si sta diffondendo in tutto il paese”.

Probabilmente puoi vedere dove sto andando a parare con tutto questo: se le procedure e le decisioni di cui sopra vengono messe da parte in caso di emergenza, forse dovrebbero esserlo anche durante i periodi normali.

Situazioni come gli attacchi dell’11 settembre e l’epidemia di Coronavirus spesso aprono la porta a nude e crude prese di potere le cui terribili conseguenze si aggirano anche dopo gli eventi che le hanno ispirate (Sto parlando con te TSA!). I governi raramente restituiscono il potere una volta che l’hanno preso. Ma se hai ascoltato attentamente, potrai sentirli dire quali di queste hanno realizzano che possano essere gettate in totale sicurezza. Quando i tassi di infezione diminuiscono ed i teatri, le scuole e tutto il resto torneranno alla normalità, potrà essere allettante ritornare come eravamo. Resisti alla tentazione: perché vale la pena di rivalutare molte delle regole che quotidianamente mettiamo in atto ogni giorno e non solo in caso di emergenza.

BASTA soldi pubblici per Alitalia (Firma la Petizione)

Di seguito il testo della petizione lanciata da Andrea Giuricin su Change.org

Il Governo si appresta a sprecare altri miliardi di euro per Alitalia.

Nel decreto legge per le misure economiche per il #Coronavirus, la compagnia aerea sta per ricevere altri soldi pubblici. Centinaia e centinaia di milioni di euro ancora una volta!

Nell’articolo 79 del decreto si prevedono altri 500 milioni di euro per #ALITALIA.

Ma il Governo non si limita a mettere altri soldi pubblici in #Alitalia. Crea anche una #BadCO (una cattiva compagnia) per non ripagare contribuenti, fornitori e creditori.

Stiamo parlando di altri 3 miliardi circa con questa manovra!

Ma Alitalia ha già sprecato quasi 10 miliardi di euro pubblici negli ultimi 12 anni.

Paradossalmente con questi soldi, lo Stato Italiano si sarebbe potuto comprare: AirFrance-KLM, Lufthansa, SAS, Finnair, Norwegian e Turkish Airlines. Tutte quante!

Ma forse è bene ricordare questo: Questi soldi nostri potevano essere spesi in maniera migliore (magari per creare qualche terapia intensiva in più) o utili per abbassare il debito pubblico italiano.

E invece dopo 10 miliardi buttati, Alitalia ora trasporta solo l’8 per cento dei passeggeri da e per l’Italia, non certo una compagnia strategica per la connessione dell’Italia al mondo.

E’ ora di dire basta a questo spreco di soldi nostri.

Le risorse sono limitate e ce ne accorgeremo sempre di più in questo momento di crisi economica dovuta al Covid19.

Gentile Presidente Conte, non sprechiamo altri soldi dei contribuenti per Alitalia!

#AlitaliaBASTA

Firma anche tu la Petizione su Change.org

clicca qui per firmare

clicca qui per scaricare il Focus Paper di Andrea Giuricin “Alitalia: la storia infinita”

TAV: Le ragioni liberali per il No

Nell’intervista al prof. Francesco Ramella IBL abbiamo affrontato il tema della TAV e ne sono emersi degli spunti di riflessione molto interessanti.

In primo luogo, scarso peso sembra finora aver avuto, sia sui mezzi di informazione sia nell’ambito del processo decisionale, una terza posizione, anch’essa scettica sulla realizzazione dell’opera ma di matrice molto diversa da quella degli ambientalisti e dei sindaci locali in quanto fondata sulla comparazione costi e dei benefici del progetto.

In secondo luogo, l’inesistenza di una domanda di trasporto, passeggeri e merci, tale da giustificare la realizzazione della linea AV trova riscontro nel fatto che non vi è alcun soggetto privato disposto ad investire proprie risorse nel progetto che sarebbe quindi interamente finanziato a carico del contribuente

Tale constatazione non dovrebbe stupire se si pensa a quanto accaduto con il Tunnel della Manica (tra Parigi e Londra, non tra Torino e Lione) che, grazie soprattutto alla ferrea volontà di Margaret Thatcher, venne realizzato esclusivamente con fondi privati. Gli sfortunati risparmiatori francesi ed inglesi hanno visto nell’arco di un decennio quasi azzerarsi il valore del proprio investimento ma almeno in quel caso nessuno è stato obbligato a partecipare, in qualità di contribuente, ad un’avventura ad alto rischio.

Né la competitività del Paese, né la tutela dell’ambiente sembrano dunque essere motivazioni valide a sostegno della linea ad alta velocità tra Torino e Lione: restano gli argomenti di “imprenditori” che non vogliono rischiare e di politici in cerca di consenso a spese del contribuente.

Consigliamo dunque la lettura dell’IBL Briefing Paper che spiega le ragioni liberali per il “No” e la visione della nostra intervista per avere il quadro completo della situazione.

➡️ Leggi l’IBL Briefing Paper

➡️ Guarda l’Intervista al prof. Francesco Ramella di Students For Liberty Italia

Le Tasse Aeroportuali

Oggi vogliamo parlare di un argomento che, sebbene tocchi sempre più persone da vicino, non viene mai affrontato, se non in rarissimi casi: le tasse aeroportuali. Ne parliamo perché arrivano ad incidere su più del 70% del prezzo di un biglietto aereo. Ma perché sono così elevate? E quali voci sono comprese?

Partiamo dall’inizio. Se, dopo aver comprato un volo, avete dato un’occhiata al dettaglio dei costi, vi sarete accorti che la cifra finale è divisa in due sezioni: la “tariffa del volo” vera e propria e, per l’appunto, le “tasse aeroportuali”. Se per la tariffa non ci sono dubbi, in quanto è il vero e proprio costo del ticket – applicato dalla compagnia aerea – il cui prezzo è certo e determinato, non si può dire lo stesso per le tasse aeroportuali, instabili e fluttuanti, che dipendono da numerosi fattori.

Le voci più “imponenti” di queste ultime sono rappresentate dal “YQ”: ovvero il Codice unico per i ‘costi di sicurezza’, ‘assicurazione’ e ‘l’addizionale Fuel Surcharge’. E’ la voce più “pesante” delle tasse aeroportuali (circa l’85% delle stesse).

Il ‘sovrapprezzo del carburante’ sul prezzo (finale) del biglietto, viene deciso dalle compagnie per far fronte alle variazioni del prezzo del petrolio;

La ‘tariffa per la sicurezza’, introdotta a seguito degli attentati del 9/11, è per far fronte alle spese per l’acquisto di nuovi macchinari, l’assunzione del personale di sicurezza e la modifica delle procedure ai varchi dei controlli: su queste la compagnia, ovviamente, non decide nulla, in quanto le regole sono decise dalle agenzie internazionali. Se da un lato, sono state misure utili, poiché fatti del genere non si sono più ripetuti, dall’altro hanno influito molto sull’aumento dei prezzi – determinando un minore accesso al mercato aereo da parte dei consumatori meno abbienti – e, soprattutto, hanno reso normale esaminare fin nell’intimità i viaggiatori, violandone così la libertà e la privacy. E’ il ben noto bilanciamento tra libertà e sicurezza.

Un’altra grossa percentuale delle tasse aeroportuali è determinata dall’“IT”, cioè i ‘diritti di imbarco’: sono i costi che ogni compagnia aerea versa al gestore/proprietario dell’aeroporto per l’utilizzo delle sue infrastrutture. Variano ovviamente da aeroporto ad aeroporto e a seconda della lunghezza delle tratte. Su questo punto non abbiamo nulla da ridire: è giusto che gli utenti di un servizio (compagnia e viaggiatori) si spartiscano il costo di un servizio di cui usufruiscono. Generalmente, si può dire, le tasse sono legate all’aeroporto e vengono riscosse dal gestore per coprirne i costi. Solitamente aeroporti più piccoli applicano tasse più basse: ecco spiegato perché le compagnie low cost li scelgono.

Ma una tassa vera e propria, oltre la “FN” che sarebbe l’IVA, calcolata al 10%, sui diritti aeroportuali, è indicata con “HB”, ovvero ‘l’addizionale’ di competenza del Comune, del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, della Salute e del Ministero dell’Interno, dal valore perlopiù fisso: questa tassa include il ‘rimborso’ ai comuni limitrofi agli aeroporti per il disagio causato dal rumore degli aerei. A cosa servano di preciso non è dato saperlo. Ma immaginiamo che ognuno di questi enti abbia sentito la necessità di avere un introito ulteriore, sfruttando un mercato sempre in crescita come quello del trasporto aereo.

Un esempio potrà chiarire sulla questione: Secondo quanto riportato dal Sindaco di Fiumicino, in una lettera alla Presidenza del Consiglio e all’ANCI, l’addizionale comunale attuale per l’aeroporto di Fiumicino è di 8 euro: 5 euro a passeggero vanno direttamente all’Inps per un fondo integrazione Alitalia, 2 euro per ‘Roma Capitale’ (circa 40 milioni di euro in totale) per il pagamento del debito pregresso e 1 euro alla Ragioneria dello Stato che a sua volta li divide in 30 milioni devoluti all’Enav, il 60% della rimanenza va al Ministero dell’Interno e il 40% sempre al Ministero dell’Interno che li ripartisce ai Comuni aeroportuali.

C’è poi un ‘corrispettivo’, indicato con “EX”, per il ‘controllo bagagli da stiva’, legato ad ulteriori operazioni di sicurezza, ma… aspettate… non l’avevamo già considerato?

Stesso discorso vale per il “VT”, il ‘corrispettivo per la sicurezza del passeggero e del bagaglio a mano’. Perché non comprendere questi costi nella tariffa per la sicurezza? Sempre che già non lo siano: in questo caso, chi ha deciso l’esistenza di questi costi, tra gestori aeroportuali e agenzie per la sicurezza?

Infine, bisogna considerare l’“MJ”, ‘l’assistenza ai passeggeri disabili o a mobilità ridotta’, giustissima nel caso tra i viaggiatori ci siano persone con queste caratteristiche… ma in caso non ci siano perché richiederla?

L’“NH”, la tassa sull’utilizzo dei terminal da parte del passeggero. Ovvero, per accedere alle sale (check in, gate etc) dell’aeroporto vi fanno pagare una tassa;

L’“YR”, il corrispettivo dovuto per la vendita del biglietto, che varia a seconda del canale di acquisto (agenzia viaggi, sito internet, ecc);

L’“XT”, che indica un insieme di più tasse che, per motivi di spazio, non possono essere tutte specificate nel biglietto;

E la ‘Tassa di solidarietà’ a sostegno dei paesi del terzo mondo (varia da 1 a 40 euro, in base alla destinazione e alla classe di servizio prenotata).

L’ultima voce – ma non per dimensione – sono le “VARIE”, che comprende i ‘diritti di imbarco’, il ‘contributo per la sicurezza’ ed il ‘servizio al passeggero’: ma come, di nuovo? Si tratta dei costi che la compagnia aerea versa al gestore dei servizi aeroportuali, come le operazioni di check-in, di sicurezza doganale e/o servizi per i passeggeri, etc, di tutti gli aeroporti – oltre quello di partenza – inclusi nella tratta del proprio ticket.

Cosa ci dice questa analisi? Pur essendo una voce fissa sul dettaglio dei costi del biglietto, le tasse aeroportuali sono molto variabili, a seconda dell’aeroporto e della lunghezza del volo, ma costituiscono sempre una fetta enorme del costo finale di un biglietto aereo. Un costo solo in minima parte imputabile direttamente alla compagnia, e che invece è molto legato all’andamento del costo del carburante e, soprattutto, ai costi di gestione e della sicurezza degli aeroporti, che si presentano più di una volta o, quantomeno, su cui c’è una grande confusione. 

Siamo convinti che alcuni di questi costi possano tranquillamente essere evitati ed altri possano essere rivisti, con guadagno di tutti: gestori aeroportuali, compagnie aeree e viaggiatori. Speriamo che questo nostro approfondimento, possa avviare un fruttuoso dibattito sull’argomento.