Uno spettro si aggira per l’Italia della resurrezione: lo Stato Imprenditore

Articolo di Pietro Bullian: MSc in Economics presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano 

In avvio della Fase (1.)2, i prescelti dal governo hanno tracciato la rotta da intraprendere per la ricostruzione dell’economia nazionale falcidiata dal lockdown: la prospettiva, fin qui, non sembra incoraggiante.

In un’intervista a La Repubblica del 26 aprile, la consulente del governo Mariana Mazzucato ha auspicato la transizione verso “uno Stato imprenditore che decida dove investire”. L’economista espone l’obiettivo ambizioso di attuare la rivoluzione della green economy, così come quello di colmare il digital divide nella popolazione e tra le varie aree del paese. Tutti obiettivi meritevoli, ma – come ben sappiamo – la via ad ogni forma di Stato coercitivo ed autoritario è da sempre lastricata delle migliori intenzioni.

Cerchiamo dunque di capire quali siano i passaggi più controversi di questo piano – e perché siano preoccupanti e allarmanti per il mondo delle imprese in questo grande momento di difficoltà.

L’intervista inizia spiegando “l’approccio ‘mission oriented’, cioè […] l’importanza di indirizzare gli investimenti pubblici e privati verso le aree che possano catalizzare innovazioni a livello intersettoriale […]. Si tratta di avere uno Stato con un ruolo di catalizzatore con l’obiettivo di intercettare e indirizzare gli investimenti.” L’obiettivo è lodevole, ma muove dal presupposto che le “aree che possano catalizzare innovazioni a livello intersettoriale” verranno identificate correttamente (e per primo) dallo Stato. In altre parole, si sottintende che lo Stato sappia, meglio (e in anticipo) rispetto agli imprenditori, dove vale la pena investire e dove si genererà più innovazione nel futuro. Una supposizione piuttosto audace.

Nel prosieguo dell’intervista – per fortuna – la consulente del governo non parla di distinzioni nel garantire quegli aiuti purtroppo vitali alle imprese in un periodo di emergenza senza precedenti come questo, ma instilla comunque il dubbio che le imprese saranno poi debitrici morali dello Stato, specificando: “per ora le si aiuta, mettendo fra le clausole che rispetteranno alcune regole, per esempio su come e cosa investire”. Dichiarazione preoccupante: pare, infatti, si vogliano “ricattare” le imprese che riceveranno aiuti, le quali dovranno impegnarsi in cambio a effettuare investimenti nei modi e nelle forme previste dallo Stato.

Ma quali sono questi modi e queste forme? L’economista del governo chiarisce che “il tavolo delle trattative per le condizionalità dovrà avere elementi diversi, a seconda delle specificità settoriali e del tipo di azienda”. La vicenda, a questo punto, si complica ulteriormente. La professoressa Mazzucato pare avanzare l’ipotesi che funzionari del governo (non meglio identificati) saranno chiamati a vagliare una ad una le proposte delle aziende, per poi stabilire – sempre con l’audace assunzione che la completezza informativa risieda nelle mani dei funzionari di Stato – la validità dei loro business plan (parliamo di quasi 4 milioni e mezzo di imprese attive in Italia). Uno scenario a dir poco preoccupante, che obbligherebbe tra l’altro il mondo delle imprese italiane, già in grande difficoltà, a sborsare milioni di euro in consulenze per la redazione delle proposte da presentare ai funzionari del governo.

Ironicamente, negli stessi giorni, il commissario per la gestione dell’emergenza Coronavirus, Domenico Arcuri, ha fornito la prima prova della potenza di fuoco dello Stato Imprenditore, bloccando de facto il mercato italiano delle mascherine in un solo giorno. Le successive uscite del commissario sul tema hanno dimostrato il livello di considerazione dei meccanismi più basilari del mercato e della formazione dei prezzi; meccanismi che, apparentemente, il commissario non ritiene importanti, dal momento che ha in seguito specificato come – a suo avviso – “il mercato per questo tipo di beni non dovrebbe esistere”. Non si capisce perché, a questo punto, debba esistere un mercato per il pane, per l’acqua potabile, per la pasta e per una serie di altri beni cosiddetti “essenziali” – che tuttavia hanno, piaccia o meno al commissario, dei prezzi di mercato.

Il prezzo calmierato di vendita imposto, infatti, è stato considerato con riferimento al costo di produzione (marginale?) pre-emergenza, che non includeva tutti i costi di riconversione e ampliamento della produzione che le imprese impegnate nello sforzo di fornire milioni di mascherine al giorno hanno dovuto sostenere in questi mesi. Inoltre, l’immediata applicazione del calmiere non ha tenuto conto dei tempi di approvvigionamento; molti commercianti, infatti, hanno pagato le mascherine di cui si sono riforniti (sul mercato) molto più di quanto non dovrebbero ora incassare per la vendita. Il commissario si è premurato di specificare di aver “fissato il prezzo massimo di vendita, non un prezzo massimo di acquisto”, non chiarendo in un primo momento chi avrebbe dovuto sopportare la perdita data dalla differenza dei due prezzi, ovvero come sarebbe stata corretta la distorsione del mercato causata dall’ordinanza stessa.

Per usare un eufemismo, la prima prova dello Stato Imprenditore, che indirizza il mercato al servizio del bene comune, poteva andare meglio.

Tuttavia, al di là di facili ironie, ciò che tutti questi ragionamenti tradiscono è una base ideologica che non tiene in considerazione le più basilari dinamiche dell’economia di mercato in cui viviamo.

Sia per quanto riguarda il mercato delle mascherine, sia per quanto riguarda il mercato degli investimenti, l’assunzione a priori è che lo Stato conosca meglio del mercato (ovvero di tutti noi, produttori e consumatori) le dinamiche di formazione dei prezzi. In altre parole: che lo Stato sia in grado di valutare meglio del consumatore quanto sia opportuno pagare per un bene di consumo; che lo Stato sia altresì in grado di valutare meglio di un investitore quale sia il progetto di investimento migliore; infine, che lo Stato sia in grado di valutare meglio di un’impresa come poter rendere più efficiente il proprio processo produttivo. Questo “Stato che tutto sa e tutto vede” sarebbe, in altre parole, un pianificatore centrale.

I prezzi – lo si vede, ad esempio, nel mercato degli articoli firmati – altro non rappresentano che il valore che i soggetti (i consumatori) attribuiscono a degli oggetti. Questo valore si crea spontaneamente per tutti i beni in natura – inclusi i beni illegali, che, pur al di fuori di ogni regola e legge, sviluppano dei prezzi propri. Distruggere il meccanismo di formazione dei prezzi vuol dire attribuirsi la capacità di “indovinare” le preferenze di tutti gli agenti economici in ogni dato momento. Qualcuno pensa davvero che sia sensato? Ha mai funzionato storicamente?

Si tratta di un’impostazione pericolosa, intrinsecamente autoritaria, perché ha il fine ultimo di sostituire le preferenze degli individui con delle “preferenze di Stato” (ovverosia le preferenze dei suoi funzionari) nella sicura idea che siano necessariamente migliori e più funzionali al benessere collettivo. Lo stesso principio, mutatis mutandis, è stato applicato immancabilmente da tutti i regimi autoritari della storia, per tante e diverse vie, tutte lastricate di buone intenzioni che avrebbero dovuto (temporaneamente) sacrificare gli individui sull’altare del “bene comune”.

Nessuno pensa che le idee dei consulenti del governo si spingano a tanto. Tuttavia, è giusto mettere in guardia dalle buone intenzioni che, se mal indirizzate, possono avere conseguenze imprevedibili sulle nostre libertà ed il nostro benessere.

Ma sul calmiere dei prezzi Diocleziano non vi ha insegnato proprio niente?

E alla fine ci siamo arrivati! Il Presidente del Consiglio, nella conferenza stampa nella sera del 26 aprileAnsa /CorriereTv – ha annunciato quanto segue:

“Abbiamo già sollecitato il commissario Arcuri a calmierare i prezzi sulle mascherinenon ci saranno speculazioni su questo fronte. Ci sarà un prezzo equo e un piccolo margine di guadagno. Inoltre, il nostro impegno è quello di eliminare completamente l’Iva. Il prezzo sarà attorno allo 0,50  per le mascherine chirurgiche”.

Sugli effetti di queste politiche scellerate, ne avevamo parlato non molto tempo fa in questo articolo, di cui riproponiamo un passaggio…

“Lo Stato potrebbe imporre un “calmiere”, quindi scegliendo un ‘tetto massimo’ per il prezzo del bene, o un ‘razionamento’, scegliendo quindi la quantità massima acquistabile da ogni consumatore. In entrambi i casi, le aziende non riceveranno nessun segnale dal mercato che li spinga ad aumentare la produzione o extra-profitti che l’incentivino a farlo. Così facendo, l’allocazione del bene non sarebbe né equa né efficiente, in quanto vigerebbe la regola del “chi prima arriva meglio alloggia”. Cioè, i primi ad acquistare il bene ne avrebbero a sufficienza, mentre quelli che si sono “mossi in ritardo” rimarrebbero a mani vuote. Anzi, ad un certo punto, il bene potrebbe scomparire del tutto dal mercato.” 

Per chi non credesse a ciò che abbiamo scritto su, dovrebbe sovvenire facilmente alla memoria l’immediata analogia con il Capitolo XII de I Promessi Sposi, quello in cui Alessandro Manzoni ci narra delle conseguenze dell’introduzione di un calmiere del prezzo del pane in seguito a una scarsità di offerta derivante da un raccolto insufficiente. Il Manzoni, già nel XIX secolo aveva capito le conseguenze nefaste della manomissione del sistema dei prezzi nel circuito del mercato.”

L’editto sui prezzi di Diocleziano

Oltre all’esempio riportato nei Promessi Sposi, c’è un altro precedente storico molto noto, che si studia sin dalle elementari: L’Imperatore Diocleziano provò, nel 301 d.C., con l’Editto sui prezzi massimi, ad imporre un tetto massimo per tutti i beni, nel tentativo di contrastare l’inflazione causata dalla “crisi del III secolo“.

In estrema sintesi – a causa della notevole svalutazione delle monete romane derivata dalle emissioni incontrollate fatte dei numerosi imperatori ed usurpatori nei decenni precedenti per corrompere i soldati ed i funzionari – l’Editto poneva un limite sui prezzi per tutti i prodotti commerciabili nell’Impero Romano. L’obiettivo non era “congelare” i prezzi, ma segnarne i “maxima“, ovvero i massimi prezzi di mercato, oltre i quali determinate merci non avrebbero potuto essere vendute. Queste includevano varie merci per l’alimentazione, l’abbigliamento, le spese di trasporto per i viaggi in mare e gli stipendi settimanali. 

Tuttavia, l’Editto non risolse i problemi, poiché la massa totale delle monete coniate continuò ad aumentare, assieme all’inflazione, ed i prezzi massimi stabiliti si rivelarono troppo bassi. I mercanti o smisero di produrre le merci o le vendettero illegalmente al mercato nero (che in quegli anni proliferò) o, in alternativa, ricorsero al baratto. L’editto, come risultato, spinse ad interrompere gli affari ed il commercio. Si produsse, quindi, una vera e propria “paralisi” dell’economia nell’Impero.

Ora cosa fa dunque pensare quelle persone che, pur conoscendo gli esempi de I Promessi Sposi e di Diocleziano, uscendo di casa per andare a comprare le mascherine che gli servono – magicamente, per un qualche strano motivo completamente alieno alla logica razionale, al buon senso ed alla realtà fisica e materiale – di potersi aspettare seriamente di trovare gli scaffali trabordi di mascherine e di portarsele pure a casa in quantità e ad un prezzo così vantaggioso?

Per un ulteriore approfondimento personale sull’Editto sui prezzi massimi di Diocleziano, rimandiamo a questi due articoli di Mises italia: parte prima, parte seconda.

Ed infatti ecco quel che succede!

Il caos mascherine è già in atto! Le farmacie, infatti, sono insorte: “non possiamo perderci col prezzo imposto!” contestano il fatto che – così facendo – il costo al quale loro acquistano le mascherine sarebbe superiore a quello di vendita. In questo modo “lavoreremo in perdita quasi del 50 per cento“. Così a Napoli le farmacie hanno sospeso la vendita “per autotutela della categoria a fronte della confusione informativa istituzionale sui prezzi”.

Che sia fatto su vasta scala come fece Diocleziano, o su un genere di prodotti come il gran cancelliere Antonio Ferrer nei Promessi Sposi o con le mascherine sanitarie, come fatto da Conte e Arcuri, i risultati nefasti dell’imposizione del calmiere non cambiano!

Purtroppo, vale ancora la conclusione che avevamo fatto allora:

“molti oggi stentano a capire (o fanno finta di non capire) questi semplici meccanismi”.

Perché dovresti ricordare Bruno Leoni

Il lavoro di Bruno Leoni merita di essere ricordato perché il suo omicidio, mezzo secolo fa, ha messo a tacere la sua coerente e originale voce per la libertà e perché pochi italiani sono, persino oggi, consapevoli del suo contributo.

Bruno Leoni era uno studioso, filosofo politico, avvocato, editorialista ed uno dei più importanti liberali classici del XX secolo in Italia. Fu professore di Filosofia del diritto e Dottrina dello Stato all’Università di Pavia per un quarto di secolo, dal 1942 fino alla sua morte. Ha fondato e curato la rivista di scienze politiche, Il Politico. E’ stato segretario e poi presidente della Mont Pelerin Society. Era un ammiratore di Ludwig von Mises e ebbe una grande influenza, tra gli altri, su Friedrich Hayek.

Il lavoro di Bruno Leoni merita di essere ricordato perché il suo omicidio, mezzo secolo fa, ha messo a tacere la sua coerente e originale voce per la libertà e perché pochi italiani sono, persino oggi, consapevoli del suo contributo. In particolare, vale la pena di riscoprire le sue intuizioni contenute in Freedom and the Law, che hanno affrontato con forza i rischi che una “legislazione iperestesa” rappresenta per la libertà.

“I sistemi giuridici contemporanei … lasciano un’area sempre più ristretta alla libertà individuale.”

“[Laddove] prevale sempre l’autorità … gli individui devono arrendersi, indipendentemente dal fatto che abbiano ragione o torto”.

“Il crescente potere dei funzionari governativi … interferisce … quasi a loro piacimento, con ogni tipo di interesse e attività privati”.

“Si dovrebbe rifiutare il processo legislativo ogni qualvolta sia possibile per le persone coinvolte raggiungere i propri obiettivi senza dover dipendere dalla decisione di un gruppo e senza costringere effettivamente altre persone a fare ciò che non farebbero mai senza costrizione”.

“[Con] la dilatazione del processo legislativo … tutti prima o poi si confronteranno con … uno stato di disordini perpetui e di oppressione generale”.

“Un principio molto antico sembra essere stato violato nella società contemporanea … “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te.”

“I sostenitori della proliferazione legislativa … [sostengono che] ciò che le persone reali decidono o non decidono all’interno di una società dovrebbe essere del tutto trascurato e sostituito da ciò che una qualsiasi manciata di legislatori potrebbe farsi venire in mente, decidendo per essi, in qualsiasi momento”.

“L’ideale dello “stato di diritto” … [era] il principio di libertà dalle interferenze da parte di tutti, comprese le autorità”.

“Ogniqualvolta la regola di maggioranza sostituisce la scelta individuale senza che ve ne sia la necessità, la democrazia confligge con la libertà individuale. È questo particolare tipo di espressione democratica che dovrebbe essere tenuto al minimo allo scopo di conservare un massimo spazio di democrazia che sia compatibile con la libertà individuale.”

La situazione paradossale del nostro tempo è che siamo governati da uomini, non perché non siamo governati dal diritto, come pretenderebbe la classica teoria aristotelica, ma esattamente perché lo siamo.”

citazioni tratte e tradotte da Freedom and the Law

Bruno Leoni, a differenza di molti oggi, ha riconosciuto che “la legislazione … è in realtà molto meno capace di organizzare la vita sociale di quanto i suoi sostenitori sembrano credere”, e che “non vi è alcun dubbio sulla scelta a favore della libertà individuale, concepita come la condizione di ogni uomo di fare le proprie scelte senza essere costretto da nessun altro a fare controvoglia ciò che quest’ultimo gli impone.” Perché “se si dà valore alla libertà individuale di agire e di decidere, non si può evitare di giungere alla conclusione che ci deve essere qualcosa di sbagliato nell’intero sistema”, la risposta è in una “legislazione ridotta“, in cui “la facoltà di scegliere deve essere lasciate all’individuo e non alle autorità.”

Freedom and the Law di Bruno Leoni hanno chiaramente esposto l’argomento contro una “legislazione iperestesa”, che egli ha riconosciuto come il risultato a cui ambiscono persone in cerca “della libertà di costringere altre persone a fare ciò che queste non farebbero mai se fossero libere di scegliere da sole”. In altre parole, una legislazione così dilatata è incompatibile con la libertà, e più la sua portata coercitiva si espande, più la libertà viene persa. Vide anche l’unica soluzione definitiva per riprendersi la libertà nel “ridisegnare … le aree occupate rispettivamente dalle scelte individuali e dalle decisioni collettive … con il conseguente corollario di procedure coercitive”. Cioè, “dobbiamo ridurre i poteri dei legislatori per ripristinare per quanto più possibile la libertà individuale… consentendo alle persone di stabilire i propri fini”.

Nel 2003 è stato fondato in sua memoria l’Istituto Bruno Leoni, “per promuovere le idee per il libero mercato” e con lo scopo di “dare il suo contributo alla cultura politica italiana, affinché siano meglio compresi il ruolo della libertà e dell’iniziativa privata, fondamentali per una società davvero prospera e aperta”.

“L’Istituto Bruno Leoni ritiene che il pensiero di Bruno Leoni possa offrire un importante contributo al dibattito politico in Italia e in Europa. Maggiori informazioni sulla vita e le opere di questo grande pensatore sono disponibili sul sito dedicato Riscoprire Bruno Leoni” a cui rinviamo per un ulteriore approfondimento personale.

Noi di Students For Liberty Italia vogliamo ricordarlo oggi nell’anniversario della sua nascita, il 26 aprile del 1913, per i suoi insegnamenti e le sue idee troppo “scomode” e “raggelanti“, nella loro cruda ovvietà, per i detentori del potere, per la sua grandissima fama a livello internazionale che, ahinoi, non ha raccolto lo stesso riconoscimenti nel nostro Paese: Nemo propheta in patria.

SFLItalia Intervista Vitalba Azzollini e Giuseppe Portonera

Con Vitalba Azzollini e Giuseppe Portos Portonera abbiamo parlato degli aspetti legali (di Costituzione principalmente) dell’emergenza Covid-19: limitazioni delle libertà, l’adozione dei Dpcm, delle convocazioni del Parlamento, delle App di tracciamento e della conseguente tutela della privacy, delle competenze delle Regioni (limitatamente alle dichiarazioni del Presidente Vincenzo De Luca di voler chiudere la Campania se i contagi nelle regioni del Nord non accenneranno a diminuire: lo può fare?)

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L’indifferenza sugli inseguimenti di liberi cittadini con droni ed elicotteri: un tunnel senza fine e senza luce

Durante la trasmissione di Barbara D’Urso una giornalista sull’elicottero della Guardia di Finanza ha filmato la “caccia” al trasgressore su una spiaggia nel veneziano. Un servizio simile, montato sulle note della cavalcata delle Valchirie di Apocalypse Now, è stato trasmesso anche su Agorà, Raitre. 

Una narrazione non nuova ma che il giorno di Pasquetta ha raggiunto il suo apice, un racconto della realtà che addossa la responsabilità dell’aumento dei contagi unicamente su quei (pochi) cittadini italiani che si rendono rei di violare il mantra del “restate a casa”, anche solo per pochi minuti di passeggiata solitaria, magari non lontani dalla propria casa.

Molti se la sono presa con i programmi televisivi sopracitati, ma pochi o nessuno con la Guardia di Finanza stessa che, con i soldi dei contribuenti che osserva dal cielo, oltre a prestarsi per simili comparsate televisive si diverte anche a fare anche gli inseguimenti live (da migliaia di euro per minuto di volo) che stanno fra la Corea de Nord e il film d’azione più scadenti. Noi invece avremmo chiesto delle spiegazioni.

Dai camminatori ai runner agli imprenditori che vogliono riaprire la propria azienda, prosegue la spasmodica ricerca, anche attraverso l’uso di droni ed elicotteri in diretta televisiva, del “capro espiatorio” al solo scopo di coprire le mancanze del governo. 

Alcuni rimarranno indifferenti davanti a tali immagini, molti altri ne saranno compiaciuti, in pochi si renderanno conto che stiamo entrando in un tunnel senza fine e senza luce.


Game of Thrones mostra i problemi del potere centralizzato

La serie televisiva ci consente di vedere ciò che accade quando degli esseri umani, ovviamente imperfetti, si contendono lo scettro del comando in una situazione di vuoto di potere e quello che accade, poi, quando essi conseguono il loro obiettivo. In Game of Thrones si vede come nessun singolo personaggio sia adatto a sedere sul Trono di Spade, la cattedra del potere assoluto, così come, egualmente, nessun personaggio, o coalizione, sia adatto ad essere al vertice di un governo centralizzato. La conquista del trono, di volta in volta, da parte di ciascun personaggio, mostra il problema ciclico della politica quando ha a che fare con il potere centralizzato, cosa che, nel mondo reale, sia l’autoritarismo che il socialismo non sono riusciti ad affrontare.

Il problema del Male

È sufficiente scegliere uno qualunque dei personaggi dello show ed il problema della loro inadeguatezza diventa evidente. Iniziamo con degli esempi.

L’adolescente Joffrey Baratheon, che ha seduto sul trono per qualche stagione, era letteralmente un sadico.

Sua madre, Cersei Lannister, che sale al trono dopo la morte di tutti i suoi figli, non è certo migliore: la trappola esplosiva con l’alto fuoco, preparata al Tempio di Baelor, uccide tutti i suoi rivali ma, assieme, anche centinaia di innocenti (compreso, il suo ultimo figlio rimasto, Tommen, che si suicida per la perdita dell’amata, anch’essa nemica di Cercei). Cercei, inoltre, spinge il fratello Jamie Lannister, con il quale ha una relazione incestuosa, a buttare giù dalla torre il giovane Brandon Stark per averli scoperti, per caso.

Il principe Viserys Targaryen – alla morte del cui padre, il “Re folle”, dovette fuggire da Westeros e rinunciare al potere – accecato dall’arroganza e dalla brama di riconquistare il trono perduto, arrivò a promettere a sua sorella Daenerys che avrebbe consentito ad un intero esercito di abusarne se questo voleva dire riconquistare la sua legittima pretesa.

“Quando è posto in una posizione di assoluta autorità, ogni uomo o donna è soggetto alle stesse inclinazioni egoistiche che muovono ciascuno di Noi.”

Questi sono solo alcuni dei personaggi più crudeli e cattivi dello show, ma essi non sono i soli ad essere caratterizzati dalle iperboli tipiche dei tiranni. Nel corso della storia, quando anche altri personaggi assumono una posizione di assoluto potere, compiono anch’essi genocidi, assassinii e torture.

Le teorie sulla natura corruttrice del potere sono innumerevoli, ma rimane centrale per ciascuna l’imperfezione congenita dell’essere umano. Quando viene posto in una posizione di autorità, ogni uomo o donna è soggetto alle stesse inclinazioni egoistiche e alla paura di perdere il potere che ci contraddistinguono tutti. Questi difetti portano la anche la persona media ad intraprendere azioni di dubbia morale durante il corso della propria storia; ma quando il potere è centralizzato, la capacità di un tiranno di danneggiare gli altri diviene moltiplicata.

In breve, gli esseri umani sono imperfetti e, come possono mostrare altri esempi, anche gli uomini più virtuosi, alla fine, soccomberanno alla propria natura.

Jon Snow e il problema della Rappresentatività

Il “Re del Nord” è il protagonista centrale dello spettacolo ed il miglior candidato a seguire questa regola. Jon Snow agisce come il prototipo di eroe fantastico, un abile combattente ed un leader naturale. Possiamo dire che assomiglia ad un “politico ideale”. Combatte per i bisogni della sua gente e, stando alle sue parole, rifugge le prospettive del governo.

Nella sua provincia è un buon Signore, in grado di soddisfare la maggior parte delle richieste dei suoi sudditi. Ma il castello è piccolo, il suo popolo non è molto numeroso ed è disperso nelle vastità del Nord. Solo una minaccia imminente per il suo popolo, gli “Estranei”, lo mette a capo di un sistema centralizzato, seppur per la sopravvivenza. Diverso sarebbe se fosse stato seduto il Trono di Spade: sarebbero inevitabilmente sorti interessi molteplici e contrastanti e, nonostante il suo onore, Jon non sarebbe stato in grado di soddisfarli tutti.

Tornando al mondo reale, in “The Road to Serfdom”, Friedrich von Hayek scrive che in qualsiasi sistema centralizzato, “le opinioni di qualcuno dovranno decidere quali sono gli interessi più importanti”. In un piccolo Stato, in cui la cultura e le opinioni sono coerenti in tutto il territorio – come il Nord di Jon Snow – gli interessi contrastanti sono pochi.

Ma anche come Signore gli interessi personali di Jon entrano più volte in conflitto. Durante la Battaglia dei bastardi, ad esempio, il suo avversario Ramsey Bolton crea una sadica trappola per mettere Jon davanti ad una scelta: scegliere se salvare la vita di suo fratello o se rispettare un piano di battaglia ben congeniato. Pertanto, esattamente come Jon alla fine preferisce anteporre i bisogni della sua famiglia (i pochi) rispetto alle esigenze dei suoi alleati (i molti), allo stesso modo inevitabilmente i politici, in un sistema centralizzato, devono scegliere di privilegiare i bisogni di un gruppo o il bisogno di un altro a loro più prossimo. Gettatosi quindi in una decisione avventata, alla ceca, è solo per un intervento esterno ed inatteso, cioè l’arrivo dei Cavalieri della valle, che riesce a vincere la battaglia.

Al vertice di un governo, centrale come federale, tuttavia, è impossibile soddisfare una domanda senza calpestarne un’altra: i bisogni delle imprese rispetto alle preoccupazioni ambientali, l’equilibrio tra le preferenze educative di un gruppo culturale rispetto ad un altro, l’allocazione di fondi per le condizioni di svantaggio sociale più disparate. Sono tutte contrapposizioni che nessun governo unico centralizzato potrebbe gestire. Pertanto, come Jon ha preferito la famiglia piuttosto che i suoi alleati, i politici di un qualunque sistema centralizzato daranno priorità ai bisogni di un gruppo o di un singolo.

Daenerys e il problema dell’Autorità

Se Jon Snow è un “politico ideale”, Daenerys Targaryen è una “combattente per la libertà”. I suoi obiettivi sono nobili, come liberare la Terra dalla schiavitù o distruggere “la ruota” del potere a Westeros. A differenza di Jon Snow, rifugge dalle decisioni avventate e, salvo eccezioni, non decide senza prima essersi consultata con i suoi consiglieri. Tuttavia, non importa quanto siano nobili i suoi scopi, la sua inclinazione autoritaria è evidente.

Più volte, nel corso della serie, si affida alla forza distruttrice dei suoi draghi e al suo sempre più numeroso esercito per uccidere sì i potenti schiavisti, ma anche coloro che si rifiutano di inginocchiarsi ai suoi piedi.

Se nel Giulio Cesare di Shakespeare, mentre riflette sulla sua decisione di uccidere il sovrano, Bruto medita su come Cesare, una volta incoronato, avrebbe cambiato la sua natura, per Dany la domanda è: “cosa succede quando la schiavitù è stata abolita e lei – come Jon Snow – si ritrova di fronte a sfide eticamente ambigue?

Di volta in volta, in nome della libertà, ha bruciato vivi dei personaggi, comandato al suo esercito di macellare i nobili e di conquistare città. Ma anche di fronte alla questione, relativamente insignificante, se Jon Snow intenda o meno inginocchiarsi, ella gli ricorda, ancora una volta, dei suoi draghi. All’inizio della serie combatteva per i diritti individuali; nella sala del trono a Roccia del Drago, di fronte a sfide più complesse, la vediamo combattere invece per mantenere ed espandere il proprio potere.

La domanda che ci dobbiamo porre nel mondo reale è: “che cosa accade quando il potere centralizzato affronta questioni di Stato più piccole? Questioni come le prestazioni sociali, l’educazione o persino chi deve fare una torta?

Quindi, passando dal problema di rappresentatività ad uno di forza, una volta che la decisione è presa, la forza diventa lo strumento per raggiungere l’obiettivo.

Eddard Stark

Persino Ned Stark, il cui unico difetto apparente è la sua cieca dedizione all’onore, sarebbe incapace di governare. Forse vi sarebbe riuscito in un piccolo Stato (come il suo Nord) nel ruolo di un regnante quasi simbolico, rassegnato ad amministrare la giustizia e a dichiarare la guerra; tuttavia, se Ned Stark avesse tentato di gestire la politica o l’economia dei Sette Regni, si sarebbe presto trovato al di fuori della sue capacità.

Friedrich von Hayek ha affrontato spesso il problema posto dalla complessità. Nel suo saggio “The Use of Knowledge in Society”, scrive:

“È proprio perché ogni individuo sa poco e, in particolare, perché raramente sappiamo chi di noi sa, che è meglio che ci fidiamo degli sforzi indipendenti e competitivi di molti per indurre l’emersione di ciò che vorremmo, quando lo vediamo.”

Qualsiasi individuo, o anche un solo organo direttivo, è incapace di possedere le conoscenze necessarie per gestire un’intera società. Infatti, come non esiste un unico sistema di copertura, pubblica o privata, che possa soddisfare le diverse esigenze sanitarie di un’intera popolazione, non esiste un curriculum scolastico che istruisca adeguatamente ogni studente in una nazione variegata (per etnia, lingua, ecc…), non esistono sistemi di regolamentazione che, applicati in un Paese, possano proteggere in modo più efficace il consumatore, mantenendo al contempo la più completa libertà dell’industria di innovare e di produrre.

La Soluzione

Ci sono tre problemi quindi:

  1. Di fronte ad interessi contrastanti, un governo centralizzato dovrà favorire l’uno rispetto all’altro.
  2. Una volta presa la decisione, la forza diventerà l’unico strumento per raggiungere quell’obiettivo.
  3. Ma, anche in questo scenario ideale, qualsiasi governo centralizzato non sarebbe comunque in grado di prendere perfettamente ogni decisione e di agire in base ad ogni esigenza che si presenterà.

A questi tre problemi, un sistema capitalista può fornire delle risposte.

In risposta a questo ‘problema di comprensione’ Hayek fornisce la risposta in “The Road to Serfdom”, scrivendo che:

“Gli sforzi spontanei ed incontrollati degli individui [sono] in grado di produrre un ordine complesso di attività economiche.”

Con il processo decisionale esteso ad ogni individuo, sia acquirente che venditore, la popolazione può prendere collettivamente tutte le decisioni necessarie per raggiungere i fini ideali che si prefigge.

Per Dany, la domanda era: “Cosa succede quando la schiavitù viene abolita e lei, come Jon Snow, si ritrova di fronte a sfide eticamente ambigue?” Per quanto riguarda l’uso della forza, a differenza di Daenerys, quando il potere si estende ad innumerevoli produttori ed acquirenti, la Società inizia da sola a dirigere i propri obiettivi e le proprie preferenze; le persone possono “votare con il loro portafoglio” per sostenere un settore, oppure per chiuderlo, costringendo così le industrie a rimanere attente ai bisogni degli stessi consumatori.

I desideri conflittuali di Jon Snow non possono mai essere soddisfatti da uno Stato centralizzato. Tuttavia, laddove i piccoli organi di governo mantengono il potere, un sistema federalista può soddisfare meglio le richieste locali e culturalmente coerenti con (approssimativa) fedeltà.

Infine, il capitalismo non nega il problema del “male”, ma nel diffondere l’autorità ed il potere, offre sicuramente sufficienti controlli e bilanciamenti contro lo stesso.

Ci sono quattro problemi che ognuno dei personaggi che abbiamo citato pone: il problema del male, il problema degli interessi contrastanti, il problema della forza ed il problema della conoscenza.

Autoritarismo e Socialismo non saranno mai adatti a soddisfare tutti e quattro. Un sistema capitalista e di small government invece può.

Liberiamo il 25 Aprile!

Il 25 Aprile è la ricorrenza che più divide gli Italiani. Ma la festa della Liberazione, ormai da molti anni, ha perso il suo valore originario e continua ad essere monopolizzata e strumentalizzata sia da quei nostalgici della dittatura nera che fu, sia da quelli che ne hanno sempre sognata una di rossa. 

Fascismo e Comunismo, due facce della stessa medaglia. Fascismo e Comunismo, due diverse declinazioni degli stessi concetti: statalismo, autoritarismo, supremazia dello stato sull’individuo, dei burocrati di stato sulla persona. Fascismo e Comunismo hanno soppresso l’eccezionalità e la specificità dell’individuo, sublimandolo all’interno di concetti vuoti e retorici come lo stato, la nazione, la società. Fascismo e Comunismo sono stati e continuano ad essere, allo stesso modo, causa di guerre, morte e devastazione in Italia, in Europa e nel Mondo, in questo come nel secolo scorso. 

Il 25 Aprile non può e non deve essere una ricorrenza degli uni o degli altri, di una dittatura contro l’altra, ma una festa per tutti gli Italiani che amano la libertà e cercano di ottenerne sempre di più ogni giorno. Il 25 Aprile deve essere la festa in cui si ricordano tutti coloro che, da una parte e dall’altra, sebbene obnubilati dalle ideologie stataliste e dagli autoritarismi, hanno dato la vita combattendo per difendere sé stessi, i propri cari e la propria famiglia prima ancora che la Patria o lo Stato. Senza nessuna distinzione di colore politico o appartenenza religiosa. 

Il 25 Aprile deve essere la festa in cui ringraziamo gli Alleati per essere arrivati in soccorso dell’Italia, ed averci regalato 70 anni di pace e prosperità grazie alle istituzioni democratiche ed al libero commercio. Il 25 Aprile deve essere il giorno della memoria di tutti quelli che hanno dato la vita per la nostra libertà, e non solo di alcuni di loro; si pensi ai partigiani della Brigata Ebraica, che ad ogni 25 Aprile sfilano in corteo perché sentono questa giornata anche come loro, ma che vengono puntualmente presi a male parole, insulti e sputi da quegli eredi dei partigiani che vedono questa ricorrenza come una loro proprietà intellettuale.

Il 25 Aprile deve essere il giorno in cui ricordiamo il male che uno Stato forte, autoritario, che ha il pieno controllo di ogni attività, può fare ad un Paese e a un Popolo. Il giorno in cui ricordiamo i danni creati dalle ideologie collettiviste. In cui ricordiamo che l’unico antidoto al fascismo è la difesa della libertà individuale in tutte le sue forme. 

Perché come diceva Ennio Flaiano esistono due tipi di Fascisti: i Fascisti e gli Anti-Fascisti, non permettiamo a nessuno dei due di prendersi ciò che non gli appartiene, la libertà e la liberazione da ogni forma di autoritarismo.

Speriamo che qualcuno si renda conto del vero valore di questo giorno, così che non sembri che le vite dei nostri nonni siano state sacrificate invano.