Coronavirus, “caccia al disinfettante”. Prezzi alle stelle per mascherine e prodotti igienizzanti.

In seguito all’ansia generalizzata derivante dai primi casi di CoronaVirus COVID19 nel nostro Paese, gli Italiani hanno preso d’assalto i supermercati e cercato di acquistare quanti più beni di prima necessità possibili, per anticipare una possibile quarantena.

Inoltre, gli acquisti di prodotti igienizzanti come i gel per le mani o le mascherine per evitare il contagi sono aumentati, provocando un conseguente aumento dei prezzi. Tale incremento ha portato numerose persone a lamentarsi di un presunto sciacallaggio da parte dei produttori e distributori di questi beni, che dovrebbero evitare di lucrare in queste situazioni complicate.

Ma è davvero così? L’aumento del prezzo dei gel igienizzanti e delle mascherine è derivante da un comportamento disdicevole dei produttori oppure è semplicemente un naturale effetto del mercato che tenta di allocare più efficacemente le risorse scarse?

L’aumento della domanda di un bene spinge il prezzo del bene stesso ad aumentare. L’extra profitto derivante aumento del prezzo segnala alle aziende produttrici che è arrivato il momento di produrre una quantità maggiore del bene e gli fornisce le risorse e gli incentivi per farlo. Nel breve periodo l’aumento del prezzo ridurrà le vendite, in modo da evitare la totale scomparsa del bene dal mercato. L’allocazione è efficiente in quanto il bene verrà acquistato solo da chi davvero lo desidera, ma ovviamente non equa, in quanto consumatori con maggiore disponibilità di denaro potranno acquistarlo più facilmente. Ma le aziende nel frattempo, grazie al segnale mandatogli dal prezzo, avranno aumentato la produzione, e presto saranno in grado di offrire la giusta quantità di bene, portando il prezzo a diminuire nuovamente.

Se questo vi sembra comunque non equo e corretto, pensiamo alle alternative.

Lo Stato potrebbe imporre un “calmiere”, quindi scegliendo un ‘tetto massimo’ per il prezzo del bene, o un ‘razionamento’, scegliendo quindi la quantità massima acquistabile da ogni consumatore. In entrambi i casi, le aziende non riceveranno nessun segnale dal mercato che li spinga ad aumentare la produzione o extra-profitti che l’incentivino a farlo. Così facendo, l’allocazione del bene non sarebbe né equa né efficiente, in quanto vigerebbe la regola del “chi prima arriva meglio alloggia”. Cioè, i primi ad acquistare il bene ne avrebbero a sufficienza, mentre quelli che si sono “mossi in ritardo” rimarrebbero a mani vuote. Anzi, ad un certo punto, il bene potrebbe scomparire del tutto dal mercato.

Per chi non credesse a ciò che abbiamo scritto su, dovrebbe sovvenire facilmente alla memoria l’immediata analogia con il Capitolo XII de “I Promessi Sposi”, quello in cui Alessandro Manzoni ci narra delle conseguenze dell’introduzione di un calmiere del prezzo del pane in seguito a una scarsità di offerta derivante da un raccolto insufficiente. Il Manzoni, già nel XIX secolo aveva capito le conseguenze nefaste della manomissione del sistema dei prezzi nel circuito del mercato.

Purtroppo molti oggi stentano a capire (o fanno finta di non capire) questi semplici meccanismi.

Everest S.p.a.

“Solo tra mercoledì e giovedì scorso almeno due persone, un uomo e una donna, sono morte sull’Everest per le troppe persone presenti sulla montagna, che hanno causato lunghe code costringendo centinaia di alpinisti a passare ore fermi in attesa al gelo prima di poter proseguire con la salita o la discesa. Donald Lynn Cash, americano di 54 anni, e Anjali Kulkarni, indiana della stessa età, sono morti entrambi durante la discesa, dopo aver passato ore in fila a più di ottomila metri: la cosiddetta “zona della morte”, dove l’aria è così rarefatta che ogni piccolo sforzo richiede un enorme dispendio di energie.

L’affollamento della montagna è un problema vecchio e noto, ma il governo nepalese non è ancora riuscito a risolverlo. 

Ogni alpinista che vuole scalare la montagna deve richiedere un permesso al governo pagandolo circa 11 mila dollari. Moltiplicati per le centinaia di richieste annuali, i permessi sono una notevole fonte di introiti per il paese, che è sempre stato restio a fare l’unica cosa che secondo molti risolverebbe il problema: ridurli drasticamente. 

Ma in realtà, c’è una soluzione alternativa

Anche in Nepal, lo scopo principale di chi governa non è fare poco per creare le migliori condizioni possibili, ma arricchirsi sulle spalle di chi ci vive e transita. 

Ebbene, noi abbiamo trovato una soluzione per evitare nuove morti e risolvere la situazione dal punto di vista economico: privatizzare l’Everest! 

Questa soluzione condurrà inevitabilmente ad un aumento del prezzo dei permessi, al fine di non congestionare la scalata. Questa minore congestione diminuirà anche le possibilità che chi affronta l’Everest muoia nell’attesa.

Stiamo proponendo qualcosa di folle? Niente affatto! 

Nel governo nepalese, infatti, c’è chi questa proposta la porta avanti da anni: qualche voce all’interno del Ministero del Turismo che, però, finora è rimasta inascoltata. E l’idea non sarebbe la privatizzazione del solo Everest, ma delle più di 1300 vette presenti sul territorio Nepalese.

Link della proposta

Game of Thrones mostra i problemi del potere centralizzato

La serie televisiva ci consente di vedere ciò che accade quando degli esseri umani, ovviamente imperfetti, si contendono lo scettro del comando in una situazione di vuoto di potere e quello che accade, poi, quando essi conseguono il loro obiettivo. In Game of Thrones si vede come nessun singolo personaggio sia adatto a sedere sul Trono di Spade, la cattedra del potere assoluto, così come, egualmente, nessun personaggio, o coalizione, sia adatto ad essere al vertice di un governo centralizzato. La conquista del trono, di volta in volta, da parte di ciascun personaggio, mostra il problema ciclico della politica quando ha a che fare con il potere centralizzato, cosa che, nel mondo reale, sia l’autoritarismo che il socialismo non sono riusciti ad affrontare.

Il problema del Male

È sufficiente scegliere uno qualunque dei personaggi dello show ed il problema della loro inadeguatezza diventa evidente. Iniziamo con degli esempi.

L’adolescente Joffrey Baratheon, che ha seduto sul trono per qualche stagione, era letteralmente un sadico.

Sua madre, Cersei Lannister, che sale al trono dopo la morte di tutti i suoi figli, non è certo migliore: la trappola esplosiva con l’alto fuoco, preparata al Tempio di Baelor, uccide tutti i suoi rivali ma, assieme, anche centinaia di innocenti (compreso, il suo ultimo figlio rimasto, Tommen, che si suicida per la perdita dell’amata, anch’essa nemica di Cercei). Cercei, inoltre, spinge il fratello Jamie Lannister, con il quale ha una relazione incestuosa, a buttare giù dalla torre il giovane Brandon Stark per averli scoperti, per caso.

Il principe Viserys Targaryen – alla morte del cui padre, il “Re folle”, dovette fuggire da Westeros e rinunciare al potere – accecato dall’arroganza e dalla brama di riconquistare il trono perduto, arrivò a promettere a sua sorella Daenerys che avrebbe consentito ad un intero esercito di abusarne se questo voleva dire riconquistare la sua legittima pretesa.

“Quando è posto in una posizione di assoluta autorità, ogni uomo o donna è soggetto alle stesse inclinazioni egoistiche che muovono ciascuno di Noi.”

Questi sono solo alcuni dei personaggi più crudeli e cattivi dello show, ma essi non sono i soli ad essere caratterizzati dalle iperboli tipiche dei tiranni. Nel corso della storia, quando anche altri personaggi assumono una posizione di assoluto potere, compiono anch’essi genocidi, assassinii e torture.

Le teorie sulla natura corruttrice del potere sono innumerevoli, ma rimane centrale per ciascuna l’imperfezione congenita dell’essere umano. Quando viene posto in una posizione di autorità, ogni uomo o donna è soggetto alle stesse inclinazioni egoistiche e alla paura di perdere il potere che ci contraddistinguono tutti. Questi difetti portano la anche la persona media ad intraprendere azioni di dubbia morale durante il corso della propria storia; ma quando il potere è centralizzato, la capacità di un tiranno di danneggiare gli altri diviene moltiplicata.

In breve, gli esseri umani sono imperfetti e, come possono mostrare altri esempi, anche gli uomini più virtuosi, alla fine, soccomberanno alla propria natura.

Jon Snow e il problema della Rappresentatività

Il “Re del Nord” è il protagonista centrale dello spettacolo ed il miglior candidato a seguire questa regola. Jon Snow agisce come il prototipo di eroe fantastico, un abile combattente ed un leader naturale. Possiamo dire che assomiglia ad un “politico ideale”. Combatte per i bisogni della sua gente e, stando alle sue parole, rifugge le prospettive del governo.

Nella sua provincia è un buon Signore, in grado di soddisfare la maggior parte delle richieste dei suoi sudditi. Ma il castello è piccolo, il suo popolo non è molto numeroso ed è disperso nelle vastità del Nord. Solo una minaccia imminente per il suo popolo, gli “Estranei”, lo mette a capo di un sistema centralizzato, seppur per la sopravvivenza. Diverso sarebbe se fosse stato seduto il Trono di Spade: sarebbero inevitabilmente sorti interessi molteplici e contrastanti e, nonostante il suo onore, Jon non sarebbe stato in grado di soddisfarli tutti.

Tornando al mondo reale, in “The Road to Serfdom”, Friedrich von Hayek scrive che in qualsiasi sistema centralizzato, “le opinioni di qualcuno dovranno decidere quali sono gli interessi più importanti”. In un piccolo Stato, in cui la cultura e le opinioni sono coerenti in tutto il territorio – come il Nord di Jon Snow – gli interessi contrastanti sono pochi.

Ma anche come Signore gli interessi personali di Jon entrano più volte in conflitto. Durante la Battaglia dei bastardi, ad esempio, il suo avversario Ramsey Bolton crea una sadica trappola per mettere Jon davanti ad una scelta: scegliere se salvare la vita di suo fratello o se rispettare un piano di battaglia ben congeniato. Pertanto, esattamente come Jon alla fine preferisce anteporre i bisogni della sua famiglia (i pochi) rispetto alle esigenze dei suoi alleati (i molti), allo stesso modo inevitabilmente i politici, in un sistema centralizzato, devono scegliere di privilegiare i bisogni di un gruppo o il bisogno di un altro a loro più prossimo. Gettatosi quindi in una decisione avventata, alla ceca, è solo per un intervento esterno ed inatteso, cioè l’arrivo dei Cavalieri della valle, che riesce a vincere la battaglia.

Al vertice di un governo, centrale come federale, tuttavia, è impossibile soddisfare una domanda senza calpestarne un’altra: i bisogni delle imprese rispetto alle preoccupazioni ambientali, l’equilibrio tra le preferenze educative di un gruppo culturale rispetto ad un altro, l’allocazione di fondi per le condizioni di svantaggio sociale più disparate. Sono tutte contrapposizioni che nessun governo unico centralizzato potrebbe gestire. Pertanto, come Jon ha preferito la famiglia piuttosto che i suoi alleati, i politici di un qualunque sistema centralizzato daranno priorità ai bisogni di un gruppo o di un singolo.

Daenerys e il problema dell’Autorità

Se Jon Snow è un “politico ideale”, Daenerys Targaryen è una “combattente per la libertà”. I suoi obiettivi sono nobili, come liberare la Terra dalla schiavitù o distruggere “la ruota” del potere a Westeros. A differenza di Jon Snow, rifugge dalle decisioni avventate e, salvo eccezioni, non decide senza prima essersi consultata con i suoi consiglieri. Tuttavia, non importa quanto siano nobili i suoi scopi, la sua inclinazione autoritaria è evidente.

Più volte, nel corso della serie, si affida alla forza distruttrice dei suoi draghi e al suo sempre più numeroso esercito per uccidere sì i potenti schiavisti, ma anche coloro che si rifiutano di inginocchiarsi ai suoi piedi.

Se nel Giulio Cesare di Shakespeare, mentre riflette sulla sua decisione di uccidere il sovrano, Bruto medita su come Cesare, una volta incoronato, avrebbe cambiato la sua natura, per Dany la domanda è: “cosa succede quando la schiavitù è stata abolita e lei – come Jon Snow – si ritrova di fronte a sfide eticamente ambigue?

Di volta in volta, in nome della libertà, ha bruciato vivi dei personaggi, comandato al suo esercito di macellare i nobili e di conquistare città. Ma anche di fronte alla questione, relativamente insignificante, se Jon Snow intenda o meno inginocchiarsi, ella gli ricorda, ancora una volta, dei suoi draghi. All’inizio della serie combatteva per i diritti individuali; nella sala del trono a Roccia del Drago, di fronte a sfide più complesse, la vediamo combattere invece per mantenere ed espandere il proprio potere.

La domanda che ci dobbiamo porre nel mondo reale è: “che cosa accade quando il potere centralizzato affronta questioni di Stato più piccole? Questioni come le prestazioni sociali, l’educazione o persino chi deve fare una torta?

Quindi, passando dal problema di rappresentatività ad uno di forza, una volta che la decisione è presa, la forza diventa lo strumento per raggiungere l’obiettivo.

Eddard Stark

Persino Ned Stark, il cui unico difetto apparente è la sua cieca dedizione all’onore, sarebbe incapace di governare. Forse vi sarebbe riuscito in un piccolo Stato (come il suo Nord) nel ruolo di un regnante quasi simbolico, rassegnato ad amministrare la giustizia e a dichiarare la guerra; tuttavia, se Ned Stark avesse tentato di gestire la politica o l’economia dei Sette Regni, si sarebbe presto trovato al di fuori della sue capacità.

Friedrich von Hayek ha affrontato spesso il problema posto dalla complessità. Nel suo saggio “The Use of Knowledge in Society”, scrive:

“È proprio perché ogni individuo sa poco e, in particolare, perché raramente sappiamo chi di noi sa, che è meglio che ci fidiamo degli sforzi indipendenti e competitivi di molti per indurre l’emersione di ciò che vorremmo, quando lo vediamo.”

Qualsiasi individuo, o anche un solo organo direttivo, è incapace di possedere le conoscenze necessarie per gestire un’intera società. Infatti, come non esiste un unico sistema di copertura, pubblica o privata, che possa soddisfare le diverse esigenze sanitarie di un’intera popolazione, non esiste un curriculum scolastico che istruisca adeguatamente ogni studente in una nazione variegata (per etnia, lingua, ecc…), non esistono sistemi di regolamentazione che, applicati in un Paese, possano proteggere in modo più efficace il consumatore, mantenendo al contempo la più completa libertà dell’industria di innovare e di produrre.

La Soluzione

Ci sono tre problemi quindi:

  1. Di fronte ad interessi contrastanti, un governo centralizzato dovrà favorire l’uno rispetto all’altro.
  2. Una volta presa la decisione, la forza diventerà l’unico strumento per raggiungere quell’obiettivo.
  3. Ma, anche in questo scenario ideale, qualsiasi governo centralizzato non sarebbe comunque in grado di prendere perfettamente ogni decisione e di agire in base ad ogni esigenza che si presenterà.

A questi tre problemi, un sistema capitalista può fornire delle risposte.

In risposta a questo ‘problema di comprensione’ Hayek fornisce la risposta in “The Road to Serfdom”, scrivendo che:

“Gli sforzi spontanei ed incontrollati degli individui [sono] in grado di produrre un ordine complesso di attività economiche.”

Con il processo decisionale esteso ad ogni individuo, sia acquirente che venditore, la popolazione può prendere collettivamente tutte le decisioni necessarie per raggiungere i fini ideali che si prefigge.

Per Dany, la domanda era: “Cosa succede quando la schiavitù viene abolita e lei, come Jon Snow, si ritrova di fronte a sfide eticamente ambigue?” Per quanto riguarda l’uso della forza, a differenza di Daenerys, quando il potere si estende ad innumerevoli produttori ed acquirenti, la Società inizia da sola a dirigere i propri obiettivi e le proprie preferenze; le persone possono “votare con il loro portafoglio” per sostenere un settore, oppure per chiuderlo, costringendo così le industrie a rimanere attente ai bisogni degli stessi consumatori.

I desideri conflittuali di Jon Snow non possono mai essere soddisfatti da uno Stato centralizzato. Tuttavia, laddove i piccoli organi di governo mantengono il potere, un sistema federalista può soddisfare meglio le richieste locali e culturalmente coerenti con (approssimativa) fedeltà.

Infine, il capitalismo non nega il problema del “male”, ma nel diffondere l’autorità ed il potere, offre sicuramente sufficienti controlli e bilanciamenti contro lo stesso.

Ci sono quattro problemi che ognuno dei personaggi che abbiamo citato pone: il problema del male, il problema degli interessi contrastanti, il problema della forza ed il problema della conoscenza.

Autoritarismo e Socialismo non saranno mai adatti a soddisfare tutti e quattro. Un sistema capitalista e di small government invece può.

Finalmente è finita la “Communist Week”

Oggi, Primo Maggio, anche quest’anno, si chiude solennemente – sulle note del “Concertone” in Piazza San Giovanni a Roma – la “Communist Week”. 

Finalmente, anche quest’anno, è andata. Perché la settimana dei comunisti, che inizia il 25 Aprile, Festa della Liberazione, si apre – con i cortei e le manifestazioni per gridare, più che alla libertà riconquistata, allo stato di “Resistenza” permanente – come si chiude, con gli altrettanti colorati, di rosso, s’intende, cortei del Primo Maggio, la Festa dei Lavoratori. E anche quest’anno, puntuali, le cerimonie e le celebrazioni si sono svolte come gli altri, in un ritorno uguale dell’identico. Le cose cambiano, si evolvono, ma si può star certi che i riti della “Communist Week”, come i discorsi e i comizi, ce li ritroveremo sempre uguali anche da vecchi.

Libertà e Lavoro. La Costituzione, nata dalla resistenza e fondata sul lavoro, trova in questi giorni i suoi due capisaldi e “vestali” (pardon, difensori). È la settimana in cui la Sinistra rispolvera e riaffila le armi della dialettica, reboante e stentorea. 

Le celebrazioni della “Liberazione” dovrebbero servire come un momento di riconciliazione, di condivisioni di valori fondamentali. Ma non è così. C’è sempre bisogno del nemico, contro il quale urlare la propria superiorità. Ma a chi giova? Cosa c’entra con la Liberazione con i violenti attacchi alla Brigata ebraica da parte dei filopalestinesi, sempre presenti al corteo? La ricerca del nemico, che sia il fascismo o Israele e gli ebrei (che per loro sono la stessa cosa) è un’ossessione dei comunisti. E del nemico si alimenta allo stesso modo anche il Concertone del Primo Maggio. 

Se alla Liberazione sono i dunque i “fascisti”, con cui i comunisti condividono peraltro parecchie cose (tra le quali anche l’amore verso Maduro e per il “bastone di Stato”) il Primo Maggio alla gogna ci sale il “Capitalismo”: ad aizzare le polemiche contro i “padroni”, il solito giovane idolo musicale a rotazione, ogni anno, il nuovo arruffapiazze, quello insomma da “cui ripartire”. 

Vagli a spiegare che l’economia capitalista – sebbene in Italia non all’ennesima potenza, tra legacci e legacciuoli delle normative, tra le tasse e i balzelli che soffocano le imprese – ci ha portato comunque ad essere uno dei paesi più industrializzati del Mondo e con una aspettativa di vita e ricchezza pro-capite superiore a quella dei nostri nonni o dei nostri genitori quando avevano la nostra età. Impossibile.

Nella settimana della “Communist Week”, della faziosità ideologica, in cui il Paese deve sentirsi grato alla Sinistra e ai Comunisti di tutto, meglio staccare la spina e festeggiare con i propri amici in campagna o al fiume con una bella grigliata. 

Ci ritroviamo fra un anno commentando, inevitabilmente, gli stessi eventi.

Ma tranquilli, il 2 maggio è vicino. #Resistete

School Strike 4 Climate

Il 15 marzo è andata in scena la mobilitazione in tutto il mondo di giovani studenti che hanno chiesto a i governi di agire sul fronte del “Climate Change”. “Non c’è più tempo” affermano i manifestanti, “ci state rubando il futuro” è lo slogan più toccante, che rinforza l’ennesimo conflitto generazionale tra le élite che ci governano e coloro che il pianeta dovranno abitarlo per i prossimi anni. La grande mobilitazione nasce dall’iniziativa di una ragazza svedese di 16 anni, Greta Thunberg, che ha iniziato una battaglia di sensibilizzazione sui temi ambientali in grado di penetrare le coscienze di giovani e meno giovani di tutto il mondo.

Il volto della giovane Greta, mossa da sentimenti onorevoli e nobili, è stato però strumentalizzato da chi da sempre ha usato la – sacrosanta – battaglia contro l’inquinamento per motivi ideologici. Forse sarebbe il caso di analizzare in maniera più complessa e profonda il problema: la difesa e la sopravvivenza del nostro pianeta sono temi molto complessi, non esplicabili tramite slogan e manifestazioni.

La terra ha oltre 4 miliardi di anni, e pensare di avere una conoscenza completa delle sue dinamiche, è una delle tante dimostrazioni di egocentrismo e “superomismo” della razza umana, che ormai, tronfia delle sue conquiste in campo scientifico, pensa di poter spiegare tutto lo scibile umano grazie alla propria mente ed ai propri strumenti tecnici.Ma non è mia intenzione discutere riguardo la natura antropogenica del cambiamento climatico, lascio il discorso a chi è più qualificato di me, augurandomi che essi siano mossi dagli stessi nobili sentimenti di Greta, più che da ideologie e convinzioni personali. Voglio focalizzarmi su due temi principali: il presunto egoismo dell’Occidente e le colpe del sistema produttivo capitalista.

Il presunto egoismo dell’Occidente e le colpe del Capitalismo

“La nostra biosfera viene sacrificata per far sì che le persone ricche in Paesi come il mio possano vivere nel lusso. Molti soffrono per garantire a pochi di vivere nel lusso.”_ Greta Thunberg

Ancora una volta sono i ricchi, i potenti e l’egoismo occidentale a distruggere il pianeta? Davvero stiamo sacrificando la biosfera per garantire a pochi di vivere nel lusso? La retorica pauperista e terzomondista ha sempre una grande presa sulle coscienze del mondo Occidentale.Ma no, cara Greta (o meglio, le organizzazioni che ci stanno dietro) non è così! Tra i principali paesi produttori di CO2 vi sono numerosi paesi in via di sviluppo: Cina, India, Iran, Messico e Brasile tra gli altri. E ancora, basti vedere qualsiasi mappa dell’inquinamento mondiale per rendersi conto che sono proprio i paesi in via di sviluppo e del Terzo Mondo ad inquinare di più. E sono proprio questi Paesi i maggiori nemici dei progressi sul riscaldamento globale. Essi infatti non sono intenzionati a ridurre le proprie emissioni, o ad ammodernare i loro impianti, in quanti ne hanno la necessità per crescere economicamente e continuare a ridurre il numero dei loro poveri.

La sola Cina, negli ultimi 30 anni, ha vissuto un progresso economico vertiginoso, che, vero, l’ha portata ad essere uno dei paesi più inquinanti ed inquinati del mondo, ma ha anche fatto sì che svariate decine di milioni di persone uscissero dalla soglia della povertà assoluta, migliorandone le condizioni di vita. I Paesi che più hanno fatto progressi nella riduzione delle emissioni sono, invece, proprio i Paesi Occidentali ed Europei in particolare.

L’egoismo mal celato dei “Verdi” di professione

Dietro le buone intenzioni nel limitare il cambiamento climatico globale, si cela invece un velato egoismo: chiedere ai Paesi più poveri di ridurre la produzione e le emissioni e quindi di rimanere poveri, o ritardare la loro crescita, affidandosi a fonti di energia che ancora non sono in grado di sostenere elevati standard produttivi.Non è la prima volta che gli occidentali, mossi da buone intenzioni e dal sentimento ecologista, provocano l’effetto opposto sulle popolazioni più arretrate e povere. Come nel caso del DDT, un insetticida capace di debellare la malaria e ridurre in maniera drastica il numero di morti causati dalla zanzara anofele.

Questo fino a che, nel 1962, è iniziata una demonizzazione della sostanza, ritenuta nociva e dannosa per la salute e addirittura cancerogena. Per questo motivo i Paesi occidentali, Stati Uniti in testa, hanno deciso di metterla al bando. Da quel momento le morti per la malaria sono aumentate – ma ovviamente non in Nord America o Europa – bensì in Africa ed in Asia, nei paesi più poveri dove la malattia ha iniziato a mietere fino a 2 milioni di vittime l’anno. Nel 2006 l’OMS ha dichiarato che il DDT non comporta danni per la salute umana e che dovrebbe essere ripristinato il suo uso nella lotta contro la malaria.

Ma nel frattempo, oltre 40 anni di lotta ambientalista su questo tema hanno causato, qui sì, svariati milioni di morti, per un dubbio, un timore, un sospetto non verificato, che esso potesse causare danni per la salute dell’uomo.Un’altra campagna degna di menzione è quella contro gli OGM, giudicati dannosi e pericolosi da numerosi Paesi occidentali – tra cui l’Italia – che ne vietano o limitano la produzione. Nel frattempo, milioni di persone muoiono o soffrono di malattie legate alla malnutrizione, che i cibi OGM potrebbe evitare o comunque limitare.

Ancora una volta, l’egoismo ambientalista che prospera nei Paesi occidentali, mascherato dalle buone intenzioni e dai timori per la salute umana, miete vittime nei paesi più poveri e meno sviluppati del mondo.

I falsi miti degli ambientalisti

Quasi tutta la campagna di sensibilizzazione sul tema cambiamento climatico pone come obiettivo e “nemico” l’industria, rea di immettere il maggior numero di sostanze inquinanti per soddisfare le smanie di ricchezza dei capitalisti. Ma anche questo è un falso mito.

Numerosi studi dimostrano come gli impianti termici per i riscaldamenti degli edifici producono una quantità di CO2 maggiore di circa 3 volte rispetto gli impianti industriali e 6 volte rispetto la circolazione dei veicoli. Il primo passo, di chi ha a cuore il futuro del nostro Pianeta, dovrebbe essere quello di spingere per l’ammodernamento degli impianti di riscaldamento nelle nostre case – attraverso incentivi, o meglio, detassazioni totali – più che chiedere ai governi di agire con disincentivi fiscali nei confronti di chi produce o usa auto nei centri urbani.

I combustibili fossili restano comunque, allo stato attuale – piaccia o non piaccia – una fonte di energia non rinunciabile. Per quanto sia positivo tentare di sviluppare forme alternative quali l’eolico ed il fotovoltaico, pensare che esse possano, nel breve periodo, soppiantare i combustibili fossili è improbabile, oltre ad avere un costo spropositato. Dal 2007 in poi l’Italia ha iniziato ad investire nelle energie alternative. In circa 10 anni il costo della bolletta è più che raddoppiato. A questi investimenti di denaro pubblico non sono conseguiti risultati degni di nota: le energie alternative non si sono rivelate utili per soppiantare gli impianti tradizionali.

Il fotovoltaico e l’eolico ad oggi sono una fonte utile a risparmiare combustibile convenzionale, ma non ancora in grado di sostituirlo.L’unica fonte che in maniera chiara è in grado di produrre energia sufficiente emettendo meno CO2 degli impianti convenzionali è il Nucleare. Demonizzato ed avversato da tutti i movimenti ambientalisti globali. In Italia neanche a parlarne!

Conclusioni

L’argomento inquinamento e cambiamento climatico è estremamente complesso, e nessuno può avere certezze a riguardo. È bene avere a cuore il futuro del nostro pianeta, ma bisogna farlo superando gli steccati ideologici e i facili slogan approfondendo la questione.

La soluzione non è fermare il progresso e stravolgere il capitalismo. Sono proprio i paesi più ricchi e sviluppati che si stanno muovendo per trovare una soluzione. Sono le imprese più grandi e moderne quelle che producono meno emissioni e che promuovono campagne di sensibilizzazione sul tema. Progresso e sviluppo non sono nemici dell’ambiente, ma i suoi più preziosi alleati.