E se il lockdown fosse stato inutile? Curva epidemica simile a prescindere dagli interventi dei governi

articolo di Giacomo Messina, National Coordinator di Students for Liberty Italia, per AtlanticoQuotidiano.it

Finalmente, dopo oltre due mesi di lockdown l’Italia inizia a vedere una timida luce in fondo al tunnel. Questa settimana sono iniziate le prime aperture, e la speranza è che queste possano aumentare nelle settimane successive, continuando così con un progressivo allentamento delle misure restrittive. Da ormai alcune settimane il numero di decessi giornalieri ha iniziato a diminuire, così come quello dei contagi. Il governo ha tenuto a farci sapere che questo miglioramento è interamente ascrivibile al grande successo del lockdown e alle decisioni forti, prese a inizio marzo dal presidente del Consiglio e dal ministro della sanità, che hanno costretto gli italiani agli arresti domiciliari per oltre due mesi. Senza questa decisione, il virus si sarebbe diffuso con una velocità tale da sovraccaricare gli ospedali e renderli incapaci di salvare le vite, costringendoli a scegliere chi curare e chi no. Questo scenario è stato rimarcato nuovamente dal report del Comitato Tecnico Scientifico della scorsa settimana, che suggerisce che in caso di riapertura totale, si raggiungerebbe già nella prima metà di giugno un picco di ricoveri in terapia intensiva pari a 150.000, di gran lunga superiore alla capacità massima del sistema.

modelli epidemiologici SIR (Susceptible, Infected, Recovered) descrivono, a grandi linee, nel seguente modo l’andamento di un’epidemia. L’epidemia inizia con la prima infezione, e dopo una prima fase in cui si evolve lentamente inizia a crescere in maniera esponenziale. Nell’ormai noto grafico che vediamo spesso in tv, questa crescita rappresenta la parte inclinata della curva a campana. A questo punto si raggiunge il picco, e l’epidemia rallenta fino a svanire con la stessa velocità con cui si è propagata. In questo modello, gioca un ruolo cruciale l’ormai tristemente noto numero di riproduzione di base o R0, che indica quante persone, in media, ogni infetto può contagiare. Più è alto questo numero, più l’epidemia si sviluppa rapidamente e diventa difficile per il sistema sanitario poter prendersi cura di tutti coloro che ne hanno bisogno. Il lockdown, riducendo i contatti e le interazioni tra gli individui, contribuisce a diminuire R0. A questo punto, l’epidemia non segue più un andamento esponenziale e rallenta. Questa è stata la ragione principale che ha spinto molti governi mondiali ad attuare politiche restrittive delle libertà di circolazione degli individui introducendo lockdown più meno estesi.

Alcuni scienziati hanno però sottolineato come l’andamento dell’epidemia di SARS-Cov-2 non abbia seguito l’andamento previsto. Uno dei maggiori scettici delle capacità predittive di tali modelli è Michael Levitt, biofisico, professore di biologia strutturale all’Università di Stanford e premio Nobel per la chimica nel 2003. In questa intervista sottolinea come in ogni Paese in cui vi sia verificato un focolaio, l’andamento del contagio è stato simile, a prescindere dall’intervento dei governi. Il dottor Levitt ha notato come dopo circa due settimane di aumento esponenziale nelle infezioni, la crescita della curva si interrompe e la stessa inizia a rallentare. L’obiezione che sorge spontanea a questo punto del ragionamento è che la crescita esponenziale rallenti proprio grazie al lockdown, e che in assenza di questo continuerebbe nel suo andamento, in maniera indisturbata. Ciò può essere sicuramente vero, ma cerchiamo di ragionare. Affinché ciò sia vero, dovremmo assumere che tutti i lockdown siano uguali, cioè che in tutti i Paesi in cui si è verificato un andamento similare, siano state intraprese esattamente le stesse regole di distanziamento sociale, ed eseguite in maniera esattamente uguale dai cittadini, senza importanti differenze. È davvero realistico assumere ciò?

Nel grafico qui sopra sono presentati i dati sulla mobilità forniti da Apple e confrontano Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna e Italia. La differenza tra questi quattro Paesi, in termini di mobilità, è evidente. Altri stati ancora hanno invece deciso di attuare regole di distanziamento sociale molto più blande limitandosi a raccomandazioni generali, e vietando gli assembramenti numerosi. È il caso della Svezia, ad esempio, ma anche del Brasile e di alcuni Stati negli Stati Uniti d’America. Nonostante ciò in tutti questi Paesi, l’andamento della curva epidemiologica sembra essere, per il momento, lo stesso. Un incremento iniziale molto ripido, ed un picco che si trasforma molto presto in un plateau. L’evidenza grafica è abbastanza eloquente. Insomma, diversi gradi di distanziamento sociale, hanno prodotto risultati molto simili in termini di andamento dell’epidemia. Risultato davvero curioso. Potrebbe a questo punto esserci qualcos’altro in grado di condizionare l’andamento della curva, in maniera più importante o comunque altrettanto decisiva. Nel report del Comitato Tecnico Scientifico è possibile osservare un grafico, riportato in figura 2, che rappresenta l’andamento di R0 nel tempo.

Osservando questo secondo grafico, la prima cosa che salta all’occhio è l’evidente riduzione del numero di riproduzione avvenuta ben prima che venisse introdotto il lockdown nazionale. Cosa è accaduto in quelle settimane? Si sono verificati i primi casi, l’ormai famoso paziente 1 viene ricoverato all’ospedale di Codogno, e si effettuano le prime zone rosse degli 11 paesi della provincia di Lodi e del paese veneto di Vo’ Euganeo. La speculazione è la seguente. Gli italiani, resisi conto della presenza di un nuovo pericolo si sono adattati di conseguenza, iniziando a praticare un volontario distanziamento sociale. Riducendo le uscite, i contatti, i viaggi sui mezzi pubblici e le serate al ristorante o al bar. Hanno iniziato a prendere precauzioni, evitando luoghi affollati ed assembramenti, rispettando le norme di igiene in maniera ferrea o iniziando ad utilizzare mascherine e dispositivi protettivi. Se questa, che per ora rimane una speculazione, venisse confermata, potremmo asserire, che ancora una volta la reazione degli individui è molto più rapida ed efficace di quella dei governi.

Questa è la posizione di Johan Giesecke, uno dei più importanti epidemiologi al mondo, consulente del governo svedese e promotore di un approccio che potremmo definire, semplicisticamente, di “immunità di gregge”. “Le persone non sono stupide”, continua a ripetere in maniera ossessiva il professor Giesecke ogni volta che viene intervistato da una tv internazionale. Per lui è sufficiente dare informazioni ed indicazioni precise ai cittadini e fare affidamento al loro buonsenso. Giocano poi un ruolo cruciale alcune norme igieniche di base e forme di distanziamento sociale non eccessivamente invasive, come l’indicazione di mantenere una certa distanza o la cancellazione di grandi eventi. Tutte le altre misure, secondo il professore Giesecke, sembrano essere eccessive e ingiustificate. Chiaramente, è ancora troppo presto per poter dire chi ha ragione. Ma la realtà è certamente più complessa di come vogliono farci credere, giornali e televisioni italiane, intente a lodare l’operato salvifico del governo italiano. Anche solo fingendo di dimenticare per un attimo gli effetti nefasti dal punto di vista economico, sociale e psicologico del lockdown italiano, questa scelta potrebbe non essere stata la più efficiente anche per contenere l’epidemia. Sono ormai svariati, infatti, gli esperti che indicano come forme di lockdown più “smart” e finalizzate a proteggere i più vulnerabili siano non solo più sostenibili ma anche più efficaci.

Solidarietà a Vitalba Azzollini, sotto attacco per aver detto che le App di contact tracing sono un rischio per la nostra privacy!

Oggi vogliamo esprimere la nostra solidarietà e vicinanza a Vitalba Azzollini che, fin dal primo giorno di questa pandemia, è in trincea per difendere le libertà individuali. 

Tra le prime a sottolineare le incongruenze ed i rischi degli atti limitativi delle nostre libertà, ora si trova sotto attacco per aver fatto notare che il contact tracing, oltre a poter comportare un rischio per la privacy, in assenza di testing appropriato non è il “silver bullet” che sconfigge definitivamente il virus.

Link all’articolo di Vitalba sul contact tracing

Il contact tracing rischia di essere l’ennesimo modo per scaricare le colpe dei fallimenti di uno Stato inefficiente sui cittadini, attentando ulteriormente alle loro libertà. Concetto che anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo sottolineato

Link all’articolo sul nostro blog

Una crisi sanitaria, anche molto seria come questa, non può essere un motivo valido per abbandonare acriticamente la difesa delle libertà individuali. 

Viva Vitalba Azzollini  e tutti quelli che come lei continuano a difendere la libertà!

Uno spettro si aggira per l’Italia della resurrezione: lo Stato Imprenditore

Articolo di Pietro Bullian: MSc in Economics presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano 

In avvio della Fase (1.)2, i prescelti dal governo hanno tracciato la rotta da intraprendere per la ricostruzione dell’economia nazionale falcidiata dal lockdown: la prospettiva, fin qui, non sembra incoraggiante.

In un’intervista a La Repubblica del 26 aprile, la consulente del governo Mariana Mazzucato ha auspicato la transizione verso “uno Stato imprenditore che decida dove investire”. L’economista espone l’obiettivo ambizioso di attuare la rivoluzione della green economy, così come quello di colmare il digital divide nella popolazione e tra le varie aree del paese. Tutti obiettivi meritevoli, ma – come ben sappiamo – la via ad ogni forma di Stato coercitivo ed autoritario è da sempre lastricata delle migliori intenzioni.

Cerchiamo dunque di capire quali siano i passaggi più controversi di questo piano – e perché siano preoccupanti e allarmanti per il mondo delle imprese in questo grande momento di difficoltà.

L’intervista inizia spiegando “l’approccio ‘mission oriented’, cioè […] l’importanza di indirizzare gli investimenti pubblici e privati verso le aree che possano catalizzare innovazioni a livello intersettoriale […]. Si tratta di avere uno Stato con un ruolo di catalizzatore con l’obiettivo di intercettare e indirizzare gli investimenti.” L’obiettivo è lodevole, ma muove dal presupposto che le “aree che possano catalizzare innovazioni a livello intersettoriale” verranno identificate correttamente (e per primo) dallo Stato. In altre parole, si sottintende che lo Stato sappia, meglio (e in anticipo) rispetto agli imprenditori, dove vale la pena investire e dove si genererà più innovazione nel futuro. Una supposizione piuttosto audace.

Nel prosieguo dell’intervista – per fortuna – la consulente del governo non parla di distinzioni nel garantire quegli aiuti purtroppo vitali alle imprese in un periodo di emergenza senza precedenti come questo, ma instilla comunque il dubbio che le imprese saranno poi debitrici morali dello Stato, specificando: “per ora le si aiuta, mettendo fra le clausole che rispetteranno alcune regole, per esempio su come e cosa investire”. Dichiarazione preoccupante: pare, infatti, si vogliano “ricattare” le imprese che riceveranno aiuti, le quali dovranno impegnarsi in cambio a effettuare investimenti nei modi e nelle forme previste dallo Stato.

Ma quali sono questi modi e queste forme? L’economista del governo chiarisce che “il tavolo delle trattative per le condizionalità dovrà avere elementi diversi, a seconda delle specificità settoriali e del tipo di azienda”. La vicenda, a questo punto, si complica ulteriormente. La professoressa Mazzucato pare avanzare l’ipotesi che funzionari del governo (non meglio identificati) saranno chiamati a vagliare una ad una le proposte delle aziende, per poi stabilire – sempre con l’audace assunzione che la completezza informativa risieda nelle mani dei funzionari di Stato – la validità dei loro business plan (parliamo di quasi 4 milioni e mezzo di imprese attive in Italia). Uno scenario a dir poco preoccupante, che obbligherebbe tra l’altro il mondo delle imprese italiane, già in grande difficoltà, a sborsare milioni di euro in consulenze per la redazione delle proposte da presentare ai funzionari del governo.

Ironicamente, negli stessi giorni, il commissario per la gestione dell’emergenza Coronavirus, Domenico Arcuri, ha fornito la prima prova della potenza di fuoco dello Stato Imprenditore, bloccando de facto il mercato italiano delle mascherine in un solo giorno. Le successive uscite del commissario sul tema hanno dimostrato il livello di considerazione dei meccanismi più basilari del mercato e della formazione dei prezzi; meccanismi che, apparentemente, il commissario non ritiene importanti, dal momento che ha in seguito specificato come – a suo avviso – “il mercato per questo tipo di beni non dovrebbe esistere”. Non si capisce perché, a questo punto, debba esistere un mercato per il pane, per l’acqua potabile, per la pasta e per una serie di altri beni cosiddetti “essenziali” – che tuttavia hanno, piaccia o meno al commissario, dei prezzi di mercato.

Il prezzo calmierato di vendita imposto, infatti, è stato considerato con riferimento al costo di produzione (marginale?) pre-emergenza, che non includeva tutti i costi di riconversione e ampliamento della produzione che le imprese impegnate nello sforzo di fornire milioni di mascherine al giorno hanno dovuto sostenere in questi mesi. Inoltre, l’immediata applicazione del calmiere non ha tenuto conto dei tempi di approvvigionamento; molti commercianti, infatti, hanno pagato le mascherine di cui si sono riforniti (sul mercato) molto più di quanto non dovrebbero ora incassare per la vendita. Il commissario si è premurato di specificare di aver “fissato il prezzo massimo di vendita, non un prezzo massimo di acquisto”, non chiarendo in un primo momento chi avrebbe dovuto sopportare la perdita data dalla differenza dei due prezzi, ovvero come sarebbe stata corretta la distorsione del mercato causata dall’ordinanza stessa.

Per usare un eufemismo, la prima prova dello Stato Imprenditore, che indirizza il mercato al servizio del bene comune, poteva andare meglio.

Tuttavia, al di là di facili ironie, ciò che tutti questi ragionamenti tradiscono è una base ideologica che non tiene in considerazione le più basilari dinamiche dell’economia di mercato in cui viviamo.

Sia per quanto riguarda il mercato delle mascherine, sia per quanto riguarda il mercato degli investimenti, l’assunzione a priori è che lo Stato conosca meglio del mercato (ovvero di tutti noi, produttori e consumatori) le dinamiche di formazione dei prezzi. In altre parole: che lo Stato sia in grado di valutare meglio del consumatore quanto sia opportuno pagare per un bene di consumo; che lo Stato sia altresì in grado di valutare meglio di un investitore quale sia il progetto di investimento migliore; infine, che lo Stato sia in grado di valutare meglio di un’impresa come poter rendere più efficiente il proprio processo produttivo. Questo “Stato che tutto sa e tutto vede” sarebbe, in altre parole, un pianificatore centrale.

I prezzi – lo si vede, ad esempio, nel mercato degli articoli firmati – altro non rappresentano che il valore che i soggetti (i consumatori) attribuiscono a degli oggetti. Questo valore si crea spontaneamente per tutti i beni in natura – inclusi i beni illegali, che, pur al di fuori di ogni regola e legge, sviluppano dei prezzi propri. Distruggere il meccanismo di formazione dei prezzi vuol dire attribuirsi la capacità di “indovinare” le preferenze di tutti gli agenti economici in ogni dato momento. Qualcuno pensa davvero che sia sensato? Ha mai funzionato storicamente?

Si tratta di un’impostazione pericolosa, intrinsecamente autoritaria, perché ha il fine ultimo di sostituire le preferenze degli individui con delle “preferenze di Stato” (ovverosia le preferenze dei suoi funzionari) nella sicura idea che siano necessariamente migliori e più funzionali al benessere collettivo. Lo stesso principio, mutatis mutandis, è stato applicato immancabilmente da tutti i regimi autoritari della storia, per tante e diverse vie, tutte lastricate di buone intenzioni che avrebbero dovuto (temporaneamente) sacrificare gli individui sull’altare del “bene comune”.

Nessuno pensa che le idee dei consulenti del governo si spingano a tanto. Tuttavia, è giusto mettere in guardia dalle buone intenzioni che, se mal indirizzate, possono avere conseguenze imprevedibili sulle nostre libertà ed il nostro benessere.

Ecco perché cedere i propri dati ai social network non è la stessa cosa che farlo con lo Stato

“Hai già ceduto tutti i tuoi dati a Facebook, e ora non vuoi farlo per un’applicazione che può salvare la vita a migliaia di persone?”. Questa è una delle obiezioni più frequenti che vengono poste a chi esprime dubbi sull’app per il tracciamento degli infetti che il governo italiano sta pensando di utilizzare per la, ormai nota, “fase 2”.

Un’argomentazione simile è alla base di un articolo di Luigi Zingales, pubblicato qualche giorno fa. L’economista Italiano, che insegna a Chicago, afferma che “…il governo deve dire agli Americani la verità: abbiamo già perso la privacy che desideriamo proteggere. L’abbiamo persa quando abbiamo ciecamente accettato le condizioni di uso di Facebook, Google, Apple e moltre altre piattaforme digitali…”.

Se è certamente vero quanto affermato da Zingales, questo non costituisce una condizione sufficiente per accettare acriticamente il tracciamento digitale. Ciò che sfugge a Zingales, e a tutti gli altri sostenitori di questa tesi, è la differenza, abissale, tra un’azienda privata e lo Stato.

Innanzitutto, nessuno ci ha obbligati ad iscriverci ai social network o ad altre piattaforme digitali. Allo stesso modo niente e nessuno ci vieta di abbandonarle dall’oggi al domani.

Ma la questione fondamentale è che le aziende private, a differenza dello Stato, non hanno il c.d. “monopolio della forza”. Facebook, Google ed Amazon, possono sapere cosa votiamo, cosa ci piace mangiare, quali sono i nostri gusti musicali o i nostri libri preferiti. E possono utilizzare queste informazioni per invogliarci ad acquistare un prodotto piuttosto che un altro, per offrirci degli sconti e così via.

Ma, differenza della aziende high-tech, lo Stato può arrestarci, disporre dei nostri diritti e delle nostre libertà a piacimento, interpretando più o meno ampiamente gli articoli della Costituzione a seconda delle circostanze e dell’utilità del momento. Senza dimenticare che lo Stato è già in possesso di una grande mole di dati personali, come ad esempio attraverso l’Agenzia delle Entrate, con cui conosce tutto il nostro patrimonio. Dati e informazioni che non sono disponibili, invece, agli attori privati.

I dati raccolti dall’app di tracing sarebbero estremamente diversi e ben più sensibili di quelli che cediamo quotidianamente attraverso internet. L’app raccoglierebbe i nostri dati sanitari, saprebbe con chi siamo venuti in contatto, con chi ci siamo incontrati, con chi abbiamo trascorso la nostra giornata e così via. Insomma, l’app di tracciamento metterebbe insieme una serie di dati personali che oggi non potrebbero essere in mano ad un singolo operatore privato.

Provate allora ad immaginare cosa succederebbe in caso di “data breach” – cosa peraltro già successa in Olanda. Oppure, vi sentite così sicuri dopo ciò che che è successo, poco tempo fa, al sito dell’INPS?

A tutto ciò aggiungiamo il fatto che il contact tracing non è la panacea di tutti i mali. Non è il “silver bullet” che sconfigge definitivamente il virus (così come non lo è il lockdown). Esso è utile se si è in grado poi di testare tutti gli individui effettivamente venuti a contatto con colui che è risultato infetto. In assenza di una capacità di testing elevata, il contact tracing è fondamentalmente inutile o poco utile.

Chiedere chiarezza ed esprimere dubbi sul funzionamento dell’app di contact tracing non vuol dire essere degli “irresponsabili egoisti”, a cui non importa nulla di limitare la diffusione del virus. La salute e la sicurezza sono indubbiamente due valori fondamentali, da preservare in tutti i modi. Ma ciò non può bastare a rinunciare acriticamente a tutte le nostre libertà.

Un mondo in cui le libertà vengono messe in secondo piano è il mondo descritto da George Orwell in “1984“. Un mondo in cui tutti gli individui vengono spiati, seguiti e tracciati dal governo “per il loro bene”. Questo non è il mondo in cui noi ci auspichiamo di vivere, anche qualora fosse privo di epidemie.

SFLItalia Intervista Vitalba Azzollini e Giuseppe Portonera

Con Vitalba Azzollini e Giuseppe Portos Portonera abbiamo parlato degli aspetti legali (di Costituzione principalmente) dell’emergenza Covid-19: limitazioni delle libertà, l’adozione dei Dpcm, delle convocazioni del Parlamento, delle App di tracciamento e della conseguente tutela della privacy, delle competenze delle Regioni (limitatamente alle dichiarazioni del Presidente Vincenzo De Luca di voler chiudere la Campania se i contagi nelle regioni del Nord non accenneranno a diminuire: lo può fare?)

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L’indifferenza sugli inseguimenti di liberi cittadini con droni ed elicotteri: un tunnel senza fine e senza luce

Durante la trasmissione di Barbara D’Urso una giornalista sull’elicottero della Guardia di Finanza ha filmato la “caccia” al trasgressore su una spiaggia nel veneziano. Un servizio simile, montato sulle note della cavalcata delle Valchirie di Apocalypse Now, è stato trasmesso anche su Agorà, Raitre. 

Una narrazione non nuova ma che il giorno di Pasquetta ha raggiunto il suo apice, un racconto della realtà che addossa la responsabilità dell’aumento dei contagi unicamente su quei (pochi) cittadini italiani che si rendono rei di violare il mantra del “restate a casa”, anche solo per pochi minuti di passeggiata solitaria, magari non lontani dalla propria casa.

Molti se la sono presa con i programmi televisivi sopracitati, ma pochi o nessuno con la Guardia di Finanza stessa che, con i soldi dei contribuenti che osserva dal cielo, oltre a prestarsi per simili comparsate televisive si diverte anche a fare anche gli inseguimenti live (da migliaia di euro per minuto di volo) che stanno fra la Corea de Nord e il film d’azione più scadenti. Noi invece avremmo chiesto delle spiegazioni.

Dai camminatori ai runner agli imprenditori che vogliono riaprire la propria azienda, prosegue la spasmodica ricerca, anche attraverso l’uso di droni ed elicotteri in diretta televisiva, del “capro espiatorio” al solo scopo di coprire le mancanze del governo. 

Alcuni rimarranno indifferenti davanti a tali immagini, molti altri ne saranno compiaciuti, in pochi si renderanno conto che stiamo entrando in un tunnel senza fine e senza luce.


Il Coronavirus sta costringendo le autorità ad ammettere che molte delle loro normative non sono necessarie

Articolo tratto e tradotto da Reason.com (di Nick Gillespie)

Da “Non ci sono libertari durante una pandemia” a “ci sono solo libertari durante una pandemia”: dalle regole più ‘rilassate’ dell’Authority del Trasporti alle rapide approvazioni dell’Authority dei Farmaci, il Coronavirus sta costringendo le istituzioni ad ammettere che molte delle loro normative non sono necessarie.

Amico, sembrano passati solo pochi giorni da quando i benpensanti stavano criticando (di nuovo!) i sostenitori dello Stato minimo in articoli con titoli così accaniti come “Non ci sono libertari durante una pandemia”.

Ormai potrebbe essere più corretto credere che ci siano solo libertari durante una pandemia, compresi i funzionari pubblici che, improvvisamente, sono disposti ed in grado di rinunciare ad ogni sorta di regola e di procedura, apparentemente così importanti, in nome dell’aiuto del prossimo.

In che altro modo si spiegherebbe altrimenti la decisione della molto detestata ed irrilevante Transportation Security Administration (TSA) di consentire di portare a bordo degli aerei dei dispenser formato famiglia di disinfettante per le mani? La TSA non sta certo sposando le idee di Milton Friedman, però ricorda agli utenti del suo sito Web “che tutti gli altri liquidi, gel e aerosol portati ad un checkpoint continuano ad essere ammessi nel limite di 3,4 once o di 100 millilitri trasportati in un sacchetto da un litro”. Ma è un inizio.

Qualcosa di simile sta succedendo in Massachusetts, uno Stato ben noto per gli alti livelli di regolamentazione, incluso il settore medico. Aspettandosi un picco nelle esigenze di assistenza medica dovute al Coronavirus, il Governatore Charlie Baker “ha visto la luce” ed ha accettato di semplificare l’iter di riconoscimento da parte del Bay State degli “infermieri ed altri professionisti medici” che sono registrati in altre parti degli Stati Uniti, qualcosa che altri 34 Stati già fanno su base regolare.

Come ha osservato Walter Olson del Cato Institute,

“Questa è stata una buona idea, che dovrebbe aiutare a portare i professionisti medici laddove sono maggiormente necessari, ed è una delle tante buone idee che dovrebbero essere mantenute anche dopo il passaggio dell’emergenza pandemica. Non così come, dopo l’Uragano Sandy del 2012, al contrario, quando i proprietari di case sull’oceano, devastate dalla tempesta, avevano urgente bisogno di manodopera qualificata per riportare i loro locali in condizioni utilizzabili, le leggi locali, in posti come Long Island, vietarono loro di assumere elettricisti qualificati anche da altre contee di New York, così come da altri Stati.”

E così pure alla Food and Drug Administration (FDA), dove i burocrati hanno deciso improvvisamente di approvare durante la notte un test per il Coronavirus che il suo ex-capo, Scott Gottlieb, aveva descritto come “una tecnologia abbastanza ordinaria”.

Il test della Roche è 10 volte più veloce del processo attualmente in uso, ma la FDA non lo ha approvato fino a venerdì scorso (13 marzo n.d.r.), e quindi, lo ha fatto solo per questa particolare emergenza. Ma anche con quel ritardo e con quell’applicazione limitata, questo è un cambiamento positivo.

Come ha osservato Ronald Bailey di Reason.com, la FDA ed i Centers for Disease Control and Prevention “hanno ostacolato lo sviluppo privato ed accademico dei test diagnostici che avrebbero potuto fornire un campanello d’allarme tempestivo ed un vantaggio sul controllo dell’epidemia che si sta diffondendo in tutto il paese”.

Probabilmente puoi vedere dove sto andando a parare con tutto questo: se le procedure e le decisioni di cui sopra vengono messe da parte in caso di emergenza, forse dovrebbero esserlo anche durante i periodi normali.

Situazioni come gli attacchi dell’11 settembre e l’epidemia di Coronavirus spesso aprono la porta a nude e crude prese di potere le cui terribili conseguenze si aggirano anche dopo gli eventi che le hanno ispirate (Sto parlando con te TSA!). I governi raramente restituiscono il potere una volta che l’hanno preso. Ma se hai ascoltato attentamente, potrai sentirli dire quali di queste hanno realizzano che possano essere gettate in totale sicurezza. Quando i tassi di infezione diminuiscono ed i teatri, le scuole e tutto il resto torneranno alla normalità, potrà essere allettante ritornare come eravamo. Resisti alla tentazione: perché vale la pena di rivalutare molte delle regole che quotidianamente mettiamo in atto ogni giorno e non solo in caso di emergenza.

COVID-19: Students For Liberty Italia supporta la Croce Rossa Italiana – Students For Liberty Italia supports the Italian Red Cross

COVID-19: AIUTIAMOLI AD AIUTARCI!

English below

In questi giorni, segnati dalla grave emergenza sanitaria che stiamo vivendo, noi ragazzi di Students For Liberty Italia abbiamo riflettuto su cosa si possa fare in concreto per dare anche noi il nostro pur piccolo contributo a chi lotta in prima linea.

Per questa ragione abbiamo deciso di avviare una raccolta fondi a favore della Croce Rossa Italiana, impegnata sin dal primo momento a contrastare l’emergenza su tutto il territorio Nazionale, da Nord a Sud.

La CRI è prima di tutto un’Associazione di persone che aiutano altre persone. Lo fanno volontariamente e con grande abnegazione, ma i volontari possono aiutare solo se sono adeguatamente protetti nel rispetto dei protocolli d’emergenza.

Per questo ti chiediamo un aiuto per acquistare mascherine, camici monouso, guanti e altro materiale sanitario indispensabile per gli operatori che in questi giorni stanno assistendo i nostri nonni e quanti in questo momento hanno bisogno.

Per questo ogni contributo, di qualunque entità, per supportare questa raccolta è fondamentale.

Invitiamo tutti voi ad unirvi a noi Amici di SFL Italia nel fare una donazione, piccola o grande che sia, per sostenere i volontari della Croce Rossa Italiana e a condividere questa iniziativa. Ciascuno di noi può fare qualcosa!

Aiutiamoli ad aiutare! Grazie

GRAZIE ALLA VOSTRA GENEROSITÀ ABBIAMO RACCOLTO 810 € PER LA CROCE ROSSA! GRAZIE!

COVID-19: HELP THEM HELP US!

English version

Since Italy was hit by the Covid-19 crisis and quarantined, we have been thinking about the best way to help those who are engaged on the frontline in the fight against the spread of the virus.

This is why we decided to launch a fundraising campaign on behalf of the Italian Red Cross, an organization that has promptly committed to counter the emergency throughout the country. 

As you already know, the Red Cross was born to help people, and is made by people. These brave and selfless volunteers also need protection from sickness while assisting others in need, which requires adequate means that are in ever shorter supply. 

You can help by giving. We invite you to support the Red Cross in their mission. Your donation will provide volunteers with masks, single-use gowns, and other medical supplies.

Any donation, no matter how small, is essential to assist them in protecting everyone’s health.

Please join Students for Liberty Italia in supporting the volunteers of the Italian Red Cross in their efforts. Help us spread the message by sharing this post.

You can donate by clicking the button. Each and every one of us can make a difference! Help them help us! Thank you

€ 810 RAISED! THANK YOU!

Capire l’editing genico con le figure dei fumetti

di Luca Bertoletti

Ecco perché dobbiamo abbracciare le ultime invenzioni della biotecnologia e non bloccare la ricerca genetica e la diffusione delle sue scoperte.

L’umanità sta attualmente affrontando un’enorme sfida imposta dal Coronavirus. Le frontiere sono state chiuse, gli aerei sono stati messi a terra e le fabbriche sono state chiuse. Allo stesso tempo, scienziati e professionisti della sanità pubblica stanno lavorando su test, trattamenti e vaccini per fornire presto una risposta medica. Affrontare il Coronavirus potrebbe essere uno dei più grandi test che l’uomo abbia affrontato negli ultimi decenni, ma non sarà l’ultimo virus che dovremo sconfiggere. È tempo di abbracciare la bioscienza e di permettere più ricerche e applicazioni di metodi di alterazione genetica.

Per i profani, tutta questa bolla tecnologica sulla mutagenesi e l’ingegneria genetica è difficile da comprendere e mi ci è voluta una buona dose di lettura per iniziare a capire quali sono i diversi metodi esistenti e come questi possono migliorare enormemente la nostra qualità di vita.

Diamo prima un’occhiata ai quattro modi più comuni per alterare i geni di una pianta o di un animale: 

Dr. Xaver – Le mutazioni di per sé accadono regolarmente in natura – Ecco come alcuni aminoacidi hanno finito per essere umani un miliardo di anni dopo. L’evoluzione biologica può avvenire solo grazie alle mutazioni. Le mutazioni in natura avvengono in modo casuale o sono causate da fattori esogeni come le radiazioni (ad esempio il Sole). Per i lettori di fumetti tra di noi, gli X-men hanno mutazioni che (nella maggior parte dei casi) si sono verificate in modo casuale.

Le mutazioni si verificano in natura in continuazione

Hulk – Mutazione attraverso l’esposizione (mutageni): Uno dei modi più comuni per manipolare i semi è l’esposizione alle radiazioni e la speranza di mutazioni positive (ad esempio, una maggiore resistenza ai parassiti). Questo metodo è molto comune fin dagli anni ’50 e un approccio molto impreciso che mira a rendere le colture più resistenti o appetibili. Richiede migliaia di tentativi per ottenere un risultato positivo. Questo metodo è ampiamente utilizzato e legale in quasi tutti i paesi. Nel nostro universo dei fumetti, Hulk è un buon esempio di mutazioni causate dalle radiazioni.

Le vostre verdure quotidiane e Hulk hanno molto più in comune di quanto si possa pensare

Spiderman – Organismi geneticamente modificati (OGM transgenici): Questa procedura spesso temuta per la creazione di OGM si basa sull’inserimento dei geni di una specie nei geni di un’altra. Nella maggior parte dei casi, alle colture OGM è stata iniettata una proteina di un’altra pianta o di un altro batterio che fa crescere la coltura più velocemente o che rende la coltura più resistente ad alcune malattie. Altri esempi possono essere visti nell’incrocio di salmoni con pesci tilapia, che fa crescere il salmone due volte più velocemente. L’uomo ragno che viene morso da un ragno ed è improvvisamente in grado di arrampicarsi sui grattacieli grazie al suo DNA potenziato di ragno-umano (transgenico) è un esempio del fumetto. 

La combinazione di geni tra le specie: Quando ragni e umani si incontrano

GATTACA/Wrath of Khan – Gene Editing (le forbici): Il modo più recente e preciso per alterare i geni di un organismo è il cosiddetto Gene Editing. A differenza degli OGM tradizionali, i geni non vengono impiantati da un altro organismo, ma modificati all’interno dell’organismo grazie a un metodo preciso per disattivare certi geni o per aggiungerli. 

Supercriminale senza glutine: Gene Editing non è tanto una questione di super-umani, quanto piuttosto di mantenere e renderci sani

Questo può essere fatto anche in esseri umani adulti che sono vivi, il che è una benedizione per tutti coloro che soffrono di disturbi genetici. Siamo in grado di “riparare” i geni negli organismi viventi. L’editing dei geni è anche migliaia di volte più accurato che bombardare i semi con le radiazioni. Alcuni esempi applicati stanno disattivando il gene responsabile della generazione del glutine nel grano: Il risultato è grano senza glutine. Ci sono diversi metodi per ottenere questo risultato. Uno dei più popolari al giorno d’oggi è il cosiddetto CRISPR Cas-9. Queste “forbici” sono di solito batteri riprogrammati che trasmettono le informazioni del nuovo gene o che disattivano i geni defunti o indesiderati. Molti romanzi e film di fantascienza mostrano un futuro in cui possiamo disattivare i difetti genetici e curare gli esseri umani da malattie terribili. Alcuni esempi di storie in cui sono state utilizzate tecniche simili a CRISPR sono film come GATTACA, L’ira di Khan di Star Trek, o la serie Expanse in cui l’editing dei geni gioca un ruolo cruciale nella crescita delle colture nello spazio.

Che cosa ha a che fare questo con il Coronavirus?

I biologi sintetici hanno iniziato a utilizzare CRISPR per creare sinteticamente parti del Coronavirus nel tentativo di lanciare un vaccino contro questa malattia polmonare e di essere in grado di produrlo in massa molto rapidamente. In combinazione con le simulazioni al computer e l’intelligenza artificiale, il miglior design per un tale vaccino viene calcolato al computer e poi creato sinteticamente. Questo accelera lo sviluppo del vaccino e lo riduce da anni a soli mesi. I regolatori e gli organismi di approvazione hanno dimostrato che in tempi di crisi possono anche approvare rapidamente nuove procedure di test e di vaccinazione, che di solito richiedono anni di avanti e indietro con agenzie come l’EMEA?

CRISPR permette la “ricerca” di geni specifici, anche i geni di un virus

Questo ha aiutato i ricercatori a costruire procedure di test veloci e semplici per testare i pazienti per la ricerca della corona.

A lungo termine, l’editing dei geni potrebbe permetterci di aumentare l’immunità degli esseri umani alterando i nostri geni e rendendoci più resistenti a virus e batteri. 

Questa non sarà l’ultima crisi!

Mentre il Coronavirus sembra davvero mettere alla prova la nostra società moderna, dobbiamo anche essere consapevoli che questo non sarà l’ultimo agente patogeno che ha il potenziale di uccidere milioni di persone. Se siamo sfortunati, la COVID-19 potrebbe mutare rapidamente e diventare più difficile da combattere. Il prossimo virus, fungo o batterio pericoloso è probabilmente dietro l’angolo. Quindi dobbiamo abbracciare le ultime invenzioni della biotecnologia e non bloccare la ricerca genetica e la diffusione delle sue scoperte.