Ma sul calmiere dei prezzi Diocleziano non vi ha insegnato proprio niente?

E alla fine ci siamo arrivati! Il Presidente del Consiglio, nella conferenza stampa nella sera del 26 aprileAnsa /CorriereTv – ha annunciato quanto segue:

“Abbiamo già sollecitato il commissario Arcuri a calmierare i prezzi sulle mascherinenon ci saranno speculazioni su questo fronte. Ci sarà un prezzo equo e un piccolo margine di guadagno. Inoltre, il nostro impegno è quello di eliminare completamente l’Iva. Il prezzo sarà attorno allo 0,50  per le mascherine chirurgiche”.

Sugli effetti di queste politiche scellerate, ne avevamo parlato non molto tempo fa in questo articolo, di cui riproponiamo un passaggio…

“Lo Stato potrebbe imporre un “calmiere”, quindi scegliendo un ‘tetto massimo’ per il prezzo del bene, o un ‘razionamento’, scegliendo quindi la quantità massima acquistabile da ogni consumatore. In entrambi i casi, le aziende non riceveranno nessun segnale dal mercato che li spinga ad aumentare la produzione o extra-profitti che l’incentivino a farlo. Così facendo, l’allocazione del bene non sarebbe né equa né efficiente, in quanto vigerebbe la regola del “chi prima arriva meglio alloggia”. Cioè, i primi ad acquistare il bene ne avrebbero a sufficienza, mentre quelli che si sono “mossi in ritardo” rimarrebbero a mani vuote. Anzi, ad un certo punto, il bene potrebbe scomparire del tutto dal mercato.” 

Per chi non credesse a ciò che abbiamo scritto su, dovrebbe sovvenire facilmente alla memoria l’immediata analogia con il Capitolo XII de I Promessi Sposi, quello in cui Alessandro Manzoni ci narra delle conseguenze dell’introduzione di un calmiere del prezzo del pane in seguito a una scarsità di offerta derivante da un raccolto insufficiente. Il Manzoni, già nel XIX secolo aveva capito le conseguenze nefaste della manomissione del sistema dei prezzi nel circuito del mercato.”

L’editto sui prezzi di Diocleziano

Oltre all’esempio riportato nei Promessi Sposi, c’è un altro precedente storico molto noto, che si studia sin dalle elementari: L’Imperatore Diocleziano provò, nel 301 d.C., con l’Editto sui prezzi massimi, ad imporre un tetto massimo per tutti i beni, nel tentativo di contrastare l’inflazione causata dalla “crisi del III secolo“.

In estrema sintesi – a causa della notevole svalutazione delle monete romane derivata dalle emissioni incontrollate fatte dei numerosi imperatori ed usurpatori nei decenni precedenti per corrompere i soldati ed i funzionari – l’Editto poneva un limite sui prezzi per tutti i prodotti commerciabili nell’Impero Romano. L’obiettivo non era “congelare” i prezzi, ma segnarne i “maxima“, ovvero i massimi prezzi di mercato, oltre i quali determinate merci non avrebbero potuto essere vendute. Queste includevano varie merci per l’alimentazione, l’abbigliamento, le spese di trasporto per i viaggi in mare e gli stipendi settimanali. 

Tuttavia, l’Editto non risolse i problemi, poiché la massa totale delle monete coniate continuò ad aumentare, assieme all’inflazione, ed i prezzi massimi stabiliti si rivelarono troppo bassi. I mercanti o smisero di produrre le merci o le vendettero illegalmente al mercato nero (che in quegli anni proliferò) o, in alternativa, ricorsero al baratto. L’editto, come risultato, spinse ad interrompere gli affari ed il commercio. Si produsse, quindi, una vera e propria “paralisi” dell’economia nell’Impero.

Ora cosa fa dunque pensare quelle persone che, pur conoscendo gli esempi de I Promessi Sposi e di Diocleziano, uscendo di casa per andare a comprare le mascherine che gli servono – magicamente, per un qualche strano motivo completamente alieno alla logica razionale, al buon senso ed alla realtà fisica e materiale – di potersi aspettare seriamente di trovare gli scaffali trabordi di mascherine e di portarsele pure a casa in quantità e ad un prezzo così vantaggioso?

Per un ulteriore approfondimento personale sull’Editto sui prezzi massimi di Diocleziano, rimandiamo a questi due articoli di Mises italia: parte prima, parte seconda.

Ed infatti ecco quel che succede!

Il caos mascherine è già in atto! Le farmacie, infatti, sono insorte: “non possiamo perderci col prezzo imposto!” contestano il fatto che – così facendo – il costo al quale loro acquistano le mascherine sarebbe superiore a quello di vendita. In questo modo “lavoreremo in perdita quasi del 50 per cento“. Così a Napoli le farmacie hanno sospeso la vendita “per autotutela della categoria a fronte della confusione informativa istituzionale sui prezzi”.

Che sia fatto su vasta scala come fece Diocleziano, o su un genere di prodotti come il gran cancelliere Antonio Ferrer nei Promessi Sposi o con le mascherine sanitarie, come fatto da Conte e Arcuri, i risultati nefasti dell’imposizione del calmiere non cambiano!

Purtroppo, vale ancora la conclusione che avevamo fatto allora:

“molti oggi stentano a capire (o fanno finta di non capire) questi semplici meccanismi”.

Buona Festa di San Marco!

Se il 25 Aprile, la ‘Festa della Liberazione’ è la ricorrenza che più divide gli Italiani, ce n’è una che, invece, potrebbe unirli tutti: oggi infatti a Venezia si festeggia San Marco e la ‘Festa del Bocolo’.

E’ tradizione oggi, infatti, offrire alla donna amata un bocciolo (bócolo) di rosa rossa. Si racconta che l’usanza abbia origine nella leggenda di Maria, figlia di un doge, e di Tancredi, di famiglia umile. Maria, consapevole che il padre non avrebbe mai acconsentito al matrimonio, spinse Tancredi a cercare gloria combattendo i Mori nelle schiere dell’imperatore Carlo Magno. Un giorno arrivarono a Venezia alcuni cavalieri franchi, guidati dal paladino Orlando, che cercarono Maria per consegnarle un bocciolo di rosa: Purtroppo, Tancredi, dopo aver combattuto valorosamente, era stato ferito a morte e, trovandosi accanto a un rosaio, aveva colto un fiore chiedendo ai compagni d’armi di portarlo alla donna amata. Da allora, ogni 25 aprile, si rinnova fra i veneziani la tradizione di regalare a mogli e fidanzate un “bócolo” di rosa rossa come pegno d’amore.

Tradizione poco nota questa, sicuramente, ma che tra un servizio alla tivù e un video su YouTube dove si vedono solo cortei, sermoni, indignazioni, cori, improperi e litigi da parte dei ‘soliti noti’ che della liberazione ne hanno fatto una loro proprietà intellettuale, indisponibile agli altri, potrà certamente alleviare i cuori di chi ogni anno è “impaziente” di passare – il più delle volte il più presto possibile – sotto le ‘forche caudine’ di questa ricorrenza nazionale. Ma quale modo migliore quindi per festeggiare la libertà riconquistata se non donare un piccolo bocciolo a chi si ama?

Di tutt’altra natura, quindi, è la Festa di San Marco, che, oggi e sempre di più, valica i confini della tipica festa patronale per diventare qualcos’altro: e infatti oggi San Marco è anche la festa di chi – magari anche se non veneto – vede in quella che è la bandiera di San Marco, la bandiera della Serenissima, un simbolo di qualcosa, di una libertà antica e perduta che andrebbe riconquistata, e che non si riconosce nel mainstream per cui c’è solo destra e sinistra, comunisti e fascisti, nella contrapposizione di ideologie, ma che anzi vede come simbolo di una tradizione millenaria, della propria cultura, della propria identità, di Pace (è l’unica bandiera al mondo con la scritta Pace) di valori positivi, di libertà, financo di indipendenza ma che comunque racchiude in sé un sistema valoriale che sente vicina. Festeggia quindi l’unica ricorrenza che non richiama stragi, guerre e miserie, ed espone orgogliosamente il vessillo.

C’è chi dice che identità e tradizione non siano cose buone, che andrebbero dimenticate, fianco rinnegate o rimodulate… ma dimenticano questi signori che l’individuo è fatto anche di questo: tradizione, radici, identità.

Complici forse la lunga crisi economica che ha afflitto il Vecchio Continente e, quasi certamente, l’immobilismo e l’incapacità degli Stati nazionali (cui si è aggiunto anche l’immobilismo e l’incapacità delle Organizzazioni Sovra-nazionali) di far fronte ai problemi della modernità, alle forze dello “status quo”, oggi assistiamo sempre di più al sorgere di fenomeni disgregativi delle entità statali centralistiche e aggregativi delle comunità locali: si pensi alla Scozia, alla Catalogna e, da noi, al Veneto e, in una certa misura, anche alla Lombardia. 

Sebbene il fenomeno in Italia non abbia ancora raggiunto le dimensioni organizzative e l’avanzamento nello stato dei lavori e delle rivendicazioni dei sopracitati esempi, finalmente anche il Veneto (e la Lombardia) – forse per l’inerzia data dai tempi, forse perché le coscienze si sono ridestate – la propria lotta contro lo “status quo” in favore di un riassetto dei poteri che, se da sempre nella Storia va verso l’alto (Stato-organizzazioni internazionali) ora comincia timidamente ad essere richiamato verso il basso (Regioni, Autonomie Locali). 

Forse si è gridato troppo presto alla “morte degli Stati nazionali”, può essere, ma certamente se lo Stato nazionale sta per prendersi la sua rivincita nei confronti dei suoi “gufi”, è chiaro che dovrà ripensare e disegnare fortemente la sua ‘costituzione’, il suo nuovo assetto, se intende sopravvivere degnamente alle sfide del mondo moderno. Se il baricentro del potere si sposta sempre di più verso l’alto, sempre meno saranno le persone che lo potranno esercitare e, così, sempre minore sarà il controllo che il “resto” delle persone potrà svolgere; viceversa, se il baricentro del potere si abbassa, sempre più saranno le persone che lo eserciteranno e sempre maggiore sarà il controllo che il “resto” delle persone potrà svolgere. 

Ecco perché richieste e rivendicazioni di sempre maggiore autonomia vanno salutate positivamente. Certo, non che ci aspettiamo che tutti i problemi verranno risolti così come per magia, ma certamente si diliuiranno molto le conseguenze di questi problemi: perché è molto meglio che tanti errori vengano scontati da una piccola comunità di persone, che un solo errore venga scontato da tutti indistintamente, virtuosi e meno virtuosi. 

E consapevoli del fatto che la libertà dell’individuo non sarà mai tutelata abbastanza finche la più piccola entità amministrativa non sarà l’individuo stesso, nell’attesa da qualche parte bisognava pur cominciare, o che qualcuno cominciasse, e quindi: 

“Par tera, par mar, San Marco”. 
Buon 25 Aprile, Veneti! #25aprile, #SanMarco