Il Coronavirus ci può ricordare come l’istruzione potrebbe essere senza le Scuole

Articolo tratto e tradotto da FEE.com (di Kerry McDonald)

L’epidemia di Coronavirus potrebbe aiutare alcuni genitori a scoprire alternative migliori al di fuori della scuola tradizionale.

Mentre l’epidemia globale di Coronavirus chiude le Scuole per settimane e talvolta per mesi – circa 300 milioni di bambini attualmente non sta andando a lezione – genitori, educatori e legislatori stanno andando nel panico.

L’istruzione obbligatoria di massa è diventata una pietra miliare della cultura contemporanea, ma dimentichiamo che è un costrutto sociale relativamente recente. In risposta alla pandemia, le Nazioni Unite hanno dichiarato che “la portata e la velocità globale dell’attuale disordine educativo non hanno eguali e, se prolungate, potrebbero minacciare il diritto all’istruzione”.

Siamo collettivamente diventati così programmati da credere che l’istruzione e la Scuola siano sinonimi e che non possiamo immaginare di apprendere senza la scolarizzazione, per cui quando le scuole restano chiuse diventiamo spaventati ed impauriti. Se non altro, forse questo spavento per la salute in tutto il mondo ci potrà ricordare che la Scuola non è inevitabile e che l’istruzione non deve essere limitata alle aule convenzionali.

La scuola di massa è un idea nuova

Per gran parte della storia umana, fino alla metà del IXX Secolo, l’educazione è stata definita in linea di massima, diversificata e non dominata dalla scuola standardizzata. L’educazione domiciliare era la base, con i genitori che si assumevano la responsabilità dell’educazione dei propri figli, ma non erano i soli ad insegnare loro.

Piccole scuole private (c.d. “Dame Schools”) o l’asilo nella cucina del vicino, erano comuni durante l’epoca coloniale e rivoluzionaria americana; i tutor erano onnipresenti, gli apprendistati erano apprezzati e richiesti ed i tassi di alfabetizzazione erano estremamente alti. Le scuole pubbliche esistevano per integrare l’educazione delle famiglie che le volevano, ma non esercitavano ancora un potere ed un influenza così significativa.

I coloni Puritani approvarono le prime leggi sull’istruzione obbligatoria nella Baia del Massachusetts nel 1640, adducendo l’interesse dello Stato ad una cittadinanza istruita e costringendo le città di una certa dimensione ad assumere un insegnante o ad aprire una scuola di grammatica. Ma la coazione si basava sulle città per fornire risorse educative a quelle famiglie che la richiedevano, non per le famiglie in sé.

Gli storici Kaestle e Vinovskis spiegano che i Puritani “vedevano queste scuole come sussidiare per l’educazione all’interno della famiglia e non fecero alcuno sforzo per obbligare i genitori a mandare i propri figli a scuola piuttosto che istruirli in casa”. Tutto cambiò nel 1852 quando il Massachusetts approvò il primo statuto scolastico obbligatorio della Nazione, imponendo la frequenza scolastica sotto la minaccia legale della forza. Scrivendo nel suo libro,  Pillars of the Republic, Kaestle ricorda: “La società educa in molti modi. Lo Stato educa attraverso le scuole”.

Società senza istruzione

Abbiamo già visto che aspetto possa avere l’istruzione senza la Scuola. Quando lo sciopero degli insegnanti di Chicago chiuse le scuole pubbliche per 11 giorni lo scorso ottobre, la società civile si è mossa per colmare la lacuna.

Organizzazioni comunitarie come i Boys & Girls Club hanno aperto le loro porte durante il giorno ai loro giovani concittadini, l’acquario ed i musei della città hanno offerto dei programmi speciali, le organizzazioni religiose e le Chiese hanno accolto i giovani con attività di tutoraggio ed arricchimento, le biblioteche pubbliche ed i parchi erano popolati dalle famiglie, ed il programma federale per le mense scolastiche ha continuato a fornire pasti ai bambini bisognosi.

Lo stesso modello si ripete ogni anno durante le vacanze estive, con varie organizzazioni della comunità, aziende locali e spazi pubblici, come biblioteche e parchi, che offrono esperienze educative e ricreative per i giovani.

L’idea che i bambini e gli adolescenti debbano essere chiusi in un’aula scolastica convenzionale per imparare è un mito. Gli esseri umani sono programmati per imparare. I bambini piccoli sono studenti esuberanti, creativi, curiosi, appassionati dell’esplorazione e della scoperta. Queste qualità non scompaiono magicamente con l’età. Vengono sistematicamente soffocate dalla scolarizzazione standardizzata.

Come Peter Grey professore di psicologia e unschooling advocate di Boston, scrive nel suo libro, Free To Learn:

“I bambini vengono al mondo ansiosi di apprendere e sono programmati geneticamente con delle straordinarie capacità di apprendimento. Sono piccole macchine per l’apprendimento. Entro i primi quattro anni circa assorbono una quantità insondabile di informazioni e competenze senza alcuna istruzione… La Natura non disattiva questo enorme desiderio e capacità di apprendimento quando i bambini compiono cinque o sei anni. Lo disattiviamo con il nostro sistema coercitivo di scolarizzazione.”

Man mano che gli esseri umani condivideranno sempre più la loro esistenza con i robot, è fondamentale che i giovani conservino e coltivino l’immaginazione, l’ingegnosità ed il desiderio di apprendimento che separano l’intelligenza umana dal suo antipode artificiale. Queste qualità possono essere coltivate idealmente al di fuori di un’aula scolastica standardizzata e su misura per tutti, in cui bambini e adolescenti siano liberi di perseguire i propri interessi e di sviluppare abilità e conoscenze importanti, mentre vengono guidati da adulti di talento nelle proprie comunità.

Un esempio di questo tipo di apprendimento è una serie di lezioni diurne che vengono svolte di primavera per gli homeschooler in un makerspace di Boston che offre fino a nove ore di contenuti ogni settimana in materie che spaziano dall’architettura al design, dalle STEM all’arte, tenuti da ingegneri, scienziati, ed artisti. Queste sono le tipologie di educatori di alta qualità e le esperienze di apprendimento che si possono fare e prosperano quando cerchiamo e sosteniamo l’istruzione senza la Scuola.

Oltre allo spavento per la salute, il Coronavirus ha scatenato la paura diffusa di come i bambini devono essere educati quando non possono andare a Scuola. Nonostante il fatto che l’istruzione obbligatoria di massa sia una reliquia dell’era industriale, il suo potere e la sua influenza continuano ad esplicarsi. Forse alcune famiglie scopriranno ora che l’istruzione al di fuori della Scuola standardizzata non è qualcosa di cui aver paura, ma che può effettivamente essere il modo migliore per imparare nell’era dell’innovazione.

Il fallimento dell’istruzione pubblica obbligatoria

L’educazione forzata dei giovani, basata sulle classi, da parte degli insegnanti per la preparazione di esami è una di quelle cose universali che nessuno mette mai in discussione. Diamo semplicemente per scontato che l’apprendimento avvenga così.

Ma una veloce riflessione sulla nostra esperienza mostra che ci sono tante diverse strade per imparare. Impariamo leggendo, guardando, emulando, facendo. Impariamo in gruppi di amici, impariamo da soli. E comunque quasi nulla di questo è chiamato “formazione”- che è inteso sempre come un’azione dall’alto in basso.

Ma la “classe” è veramente il miglior modo di imparare per i giovani? Oppure  l’ossessione dell’educazione formale ha soffocato altre forme, più emergenti, dell’imparare? Come sarebbe l’educazione se fosse libera di evolvere? Se ci pensiamo, è sicuramente strano che persone emancipate, libere nel pensiero, quando i loro figli raggiungono l’età di cinque anni, li mandano in una specie di prigione per i successivi dodici o sedici anni.

Lì sono tenuti, con l’ansia di una punizione, in celle chiamate classi e costretti, con l’ansia di ulteriori punizioni, a stare seduti su tavoli e seguire specifiche routine. Certamente non è più così Dickensiano come lo era una volta, e c’è chi emerge con una mente brillante, ma la scuola è comunque un luogo altamente obbligante, indottrinato ed autoritario.

E’ giunto, dunque, il momento di affrontare un argomento delicato: l’inutilità della scuola pubblica e dell’istruzione obbligatoria.

Lo facciamo perché è crollata anche l’ultima certezza dei più fervidi sostenitori di questa istituzione. Infatti, si dice che senza un sistema compulsivo di istruzione, l’analfabetismo sarebbe diffuso in tutta la popolazione.

A parte il fatto che una tale argomentazione non prende assolutamente in considerazione il ruolo della famiglia, così come quello delle esperienze personali di bambini e ragazzi, dando per scontato che una persona possa imparare qualcosa solo seduto su un banco di scuola, ma soprattutto, come ogni anno, escono i dati allarmanti dell’ISTAT: quest’anno più di 1/3 di chi frequenta medie e superiori non sa leggere o scrivere, e quasi la metà non sa fare di calcolo.

Un fallimento completo, sotto ogni punto di vista. La prova che scuola e formazione sono due elementi totalmente separati l’uno dall’altra.

L’unico obiettivo che si può dire efficacemente raggiunto dal sistema dell’istruzione pubblica è l’assunzione di più personale possibile, a prescindere dalla reale esigenza.

Ma come mai, se i risultati sono sempre stati così scarsi, la scuola pubblica è ritenuta tanto importante nelle nostre vite? Probabilmente per via del proprio scopo originario, che non è mai stato abbandonato…

Come nasce, infatti, il modello di scuola pubblica e obbligatoria? Bisogna andare indietro di circa 200 anni, in Prussia, dove l’imperatore decise, su consiglio dei propri intellettuali, di creare un programma di formazione obbligatoria e rigorosa, il cui obiettivo principale era addestrare le giovani generazioni ad essere cittadini obbedienti. 

Un’invenzione molto liberale, come si può vedere… Cosa ci spinga oggi a volerla come cardine fondamentale delle nostre vite è però un mistero!

Specialmente se andiamo ad esaminare quali sono le “invenzioni” prussiane: l’insegnamento basato sull’età e non sull’abilità, l’apprendimento sui banchi, la giornata scolastica determinata dal suono della campanella, il programma predeterminato, l’attenzione a più materie in una giornata. Tutto ciò che, ancora oggi, caratterizza il sistema di istruzione a cui ci affidiamo, il cui obiettivo non è mai stato quello di aumentare gli standard, ma di trasformare “spiriti liberi” in cittadini disciplinati.

E’ abbastanza evidente anche dalla storia dell’istruzione obbligatoria in Italia: nel 1859 la Legge Casati si ispirò al modello prussiano sia nell’impianto generale che nel sistema organizzativo, fortemente gerarchizzato e centralizzato, poi nel 1923 la Riforma Gentile elaborò quella che lo stesso Mussolini definì “la più fascista” delle riforme, e dal 1948 in poi – con l’istruzione pubblica obbligatoria, inserita in Costituzione – sono stati man mano aumentati gli anni obbligatori, mantenendo la struttura creata in precedenza.

Occorre prendere atto di tutto ciò e abbandonare al più presto un sistema che non forma adeguatamente – neanche nelle attività più basilari, come scrivere e far di conto (e c’è chi pretende che la scuola ci prepari a vivere e lavorare) – i cui unici scopi sono dare un lavoro – perlopiù inutile nei confronti della società – a più persone possibili e indottrinare tutti ad accettare questo e ben altro.

Si deve partire dalla diminuzione del ruolo dello Stato nel fornire l’istruzione, lasciando più spazio ad attori privati, associazioni volontarie, confessioni religiose e alle stesse famiglie (con l’homeschooling).

Una volta fatto ciò va completamente riformato il settore, arrivando ad eliminare del tutto obblighi di età e valore legale dei titoli di studio: va lasciata più libertà possibile a formati e formatori, per seguire al meglio i bisogni e le necessità di ognuno. E se qualcuno non vuole proprio saperne di studiare, va accettato e gli va permesso di far altro, anche lavorare, senza spaventarci di fronte al fatto che sia giovane: solo perché una persona non ha ancora raggiunto la maggiore età per legge, non significa che sia meno matura di chi la ha già raggiunta.

E le cifre sull’abbandono scolastico non possono incoraggiare in alcun modo chi ancora sostiene che l’istruzione pubblica obligatoria sia la sola ed unica via per dare un’occasione a chi non avrebbe i mezzi e i denari per permettersi un’istruzione privata:

Se l’istruzione è finanziata dalla fiscalità generale (cioè con le tasse di tutti) è giocoforza che essendo i poveri molti più dei ricchi, nonostante la “progressività fiscale” (che comunque, rigurda solo una tassa, quella sui redditi), saranno proprio loro a pagare anche per i secondi. Nonostante si pensi il contrario. Pertanto si giunge ad un paradosso: dato che chi completa il ciclo di istruzione ha maggiori possibilità di trovare un lavoro ben pagato, e, a ciò, se si tiene conto che chi termina i corsi universitari fa parte in genere delle classi sociali mediamente più elevate, si arriva alla conclusione che è l’intera collettività a pagare una gran parte dei costi dell’istruzione per un gruppo di studenti che provengono comunque dai ceti più elevati e che già se la potrebbero permettere; e non invece, come si vorrebbe, il contrario.

Il “figlio di papà” riceve dalla sua famiglia solo una parte dei costi della sua istruzione: il resto è a carico di tutti, anche del figlio del metalmeccanico che non è detto che andrà all’università.

C’è una cosa anche solo lontanamente più regressiva? Per noi le tasse sono il prezzo di un servizio; ma per un “collettivista” servono invece a redistribuire il reddito. Il finanziamento pubblico della scuola, però, com’è oggi concepito, non redistribuisce, dall’alto verso il basso, alcunchè, anzi, diventa estremamente vantaggioso proprio per chi dovrebbe, secondo il collettivista, essere “punito” per la sua ricchezza.

Chi abbandona la scuola, insomma, non si libera dei costi della sua istruzione ma, anzi, continua a pagare per chi ci sta dentro (e, chi rimane dentro, è sovente già più ricco di chi invece va fuori prima). Dov’è la tanto decantata “giustizia sociale” di chi si riempie la bocca di queste “belle” parole?

Insomma, l’ascensore sociale (come va di moda definire la possibilità per tutti di innalzarsi e realizzare i propri sogni) è destinato a bloccarsi per sempre al piano terra.