Everest S.p.a.
“Solo tra mercoledì e giovedì scorso almeno due persone, un uomo e una donna, sono morte sull’Everest per le troppe persone presenti sulla montagna, che hanno causato lunghe code costringendo centinaia di alpinisti a passare ore fermi in attesa al gelo prima di poter proseguire con la salita o la discesa. Donald Lynn Cash, americano di 54 anni, e Anjali Kulkarni, indiana della stessa età, sono morti entrambi durante la discesa, dopo aver passato ore in fila a più di ottomila metri: la cosiddetta “zona della morte”, dove l’aria è così rarefatta che ogni piccolo sforzo richiede un enorme dispendio di energie.
L’affollamento della montagna è un problema vecchio e noto, ma il governo nepalese non è ancora riuscito a risolverlo.
Ogni alpinista che vuole scalare la montagna deve richiedere un permesso al governo pagandolo circa 11 mila dollari. Moltiplicati per le centinaia di richieste annuali, i permessi sono una notevole fonte di introiti per il paese, che è sempre stato restio a fare l’unica cosa che secondo molti risolverebbe il problema: ridurli drasticamente.
Ma in realtà, c’è una soluzione alternativa…
Anche in Nepal, lo scopo principale di chi governa non è fare poco per creare le migliori condizioni possibili, ma arricchirsi sulle spalle di chi ci vive e transita.
Ebbene, noi abbiamo trovato una soluzione per evitare nuove morti e risolvere la situazione dal punto di vista economico: privatizzare l’Everest!
Questa soluzione condurrà inevitabilmente ad un aumento del prezzo dei permessi, al fine di non congestionare la scalata. Questa minore congestione diminuirà anche le possibilità che chi affronta l’Everest muoia nell’attesa.
Stiamo proponendo qualcosa di folle? Niente affatto!
Nel governo nepalese, infatti, c’è chi questa proposta la porta avanti da anni: qualche voce all’interno del Ministero del Turismo che, però, finora è rimasta inascoltata. E l’idea non sarebbe la privatizzazione del solo Everest, ma delle più di 1300 vette presenti sul territorio Nepalese.